I curriculum che noi cestiniamo

Ieri scrivevo su questo blog (riferendomi alla mia … disavventura con l’Enel) di una Italia che non ha più fiducia ed è ormai fondata sui controlli reciproci. Ci si marca a vicenda, ci si sfinisce, ci si impedisce di crescere perchè l’unica occupazione (o almeno l’occupazione che ci fa perdere metà del nostro tempo) è la seguente: controllare […]

Ieri scrivevo su questo blog (riferendomi alla mia … disavventura con l’Enel) di una Italia che non ha più fiducia ed è ormai fondata sui controlli reciproci. Ci si marca a vicenda, ci si sfinisce, ci si impedisce di crescere perchè l’unica occupazione (o almeno l’occupazione che ci fa perdere metà del nostro tempo) è la seguente: controllare il lavoro degli altri.

E così facendo, si perdono delle grandi opportunità. Non si guarda il mondo, non si gusta la realtà, non ci si confronta in modo serio e sereno con il prossimo. Si ha sempre fretta.

Ieri un amico mi parlava del paradiso Brasile. Mi diceva: ‘se tu mandi un curriculum in quel Paese, in qualche azienda di quel Paese, 99 volte su 100 ti rispondono’. 

Da noi, invece, nella stragrande maggioranza degli uffici e delle aziende, i curriculum ricevuti sono visti come degli impacci, delle (passatemi il termine) rotture di scatole e non delle opportunità.  Novantanove volte su cento vengono cestinati, oppure guardati distrattamente.

Invece _ anzichè avere degli uffici di controllori _ dovremmo avere (come in Brasile) degli uffici di esperti che controllano i curriculum, fanno colloqui, si divorano questi curriculum, cercano di incentivarlì e incrementarli. Sì, perchè in quelle decine, centinaia di migliaia di lettere che ti arrivano, ci può essere il genio, ci possono essere tanti dirigenti rampanti, ci può essere il futuro.

Invece noi del futuro ce ne freghiamo. Ci basta fare le pulci al passato.

Che ne dite, andiamo in Brasile? Oppure, ancora meglio: riproviamo a costruire un piccolo Brasile in Italia?