DUE ANNI e tre mesi dopo. In Bergamasca lo stesso freddo. La stessa neve di quando si andava alla ricerca di una ragazzina scomparsa. Il gip Vincenza Maccora scagiona il manovale marocchino Mohammed Fikri dall’accusa infamante di essere l’assassino di Yara Gambirasio e dispone che la Procura lo indaghi per favoreggiamento perché coprirebbe, con il silenzio, qualcuno coinvolto nel delitto. A quattro giorni dalla scadenza dei termini, le indagini tornano là dove avevano preso le mosse. Il cantiere di Mapello, fiutato dai cani «bloodhound». Il muratore Fikri. La pista dei carabinieri, che non hanno mai smesso di crederci. Il primo binario, percorso fino a quando le indagini non si sono divaricate per privilegiare l’ipotesi di un omicidio «territoriale», autoctono, con il gigantesco prelievo in zona di campioni salivari per i dna. Il cronista registra l’amarezza di un investigatore: «Una pista assolutamente positiva non è stata percorsa fino in fondo. A distanza di più di due anni è impossibie riprenderla in mano. Troppo tardi per cercare adesso risultati che si sarebbero potuti ottenere allora». Fikri non è un assassino. Punto fermo. Almeno su questo. Il difensore Roberta Barbieri dichiara: «Sono convinta che anche il favoreggiamento verrà archiviato». «Non è stato lui – dice Enrico Pelillo, avvocato dei Gambirasio – ad ammazzare, ma abbiamo il sospetto che sappia qualcosa». Tutti vincitori. E Yara? Dopo due anni la stessa tristezza.