«VOGLIAMO pagare le tasse». Nell’Italia dei furbetti, degli artisti (alcuni mirabili) dell’arrangiarsi e del fare fesso il prossimo, soprattutto se ha un minimo di parvenza statale, l’appello suona quasi irreale. Non proviene dalla Repubblica di Platone, non ha il richiamo inutilmente fascinoso dell’utopia. Arriva invece da Viadana, operoso borgo di 20mila abitanti insediati dove la provincia Mantova inizia a confondersi con la terra emiliana. È stato chiuso lo sportello dell’Agenzia delle Entrate. Chiusura lenta, graduale, quasi eutanasica, una mezza dozzina di impiegati, poi un paio, fino alla cancellazione definitiva.
«Siamo da sempre contribuenti onesti e scrupolosi. Vogliamo continuare a esserlo a casa nostra, senza sottoporci a disagi inutili e pesanti», dichiara Giorgio Penazzi, dinamico sindaco. Sì, perché si dovrebbe andare a Suzzara, altra area, sul Destra Secchia, distante 28 chilometri, servizi pubblici per amanti dell’avventura, unica alternativa, se non si è provveduti di auto, un costoso taxi.
Viadana è pacificamente insorta. In pochi giorni sono state raccolte oltre mille firme. Due striscioni campeggiano all’ingresso della cittadina e sul palazzo quattrocentesco del centro che ospita gli uffici deserti.
«Andremo avanti – promette il sindaco -. Molti, al nostro posto, si rallegrerebbero. Noi nuotiamo contro corrente. Nella sola Viadana ci sono 2500 aziende iscritte al registro delle imprese. Qui, nell’Oglio Po, si produce un terzo del Pil dell’intera provincia. E sopprimono l’Agenzia delle Entrate?».

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