Un monumento in onore delle fatiche del pendolare

Viaggio tutti i giorni in treno da molti anni ormai, oltre ad averne davanti tanti ancora, e ogni tanto sento dire da qualcuno: «A noi pendolari dovrebbero fare un monumento». Sottinteso: per tutte le nostre fatiche, i sacrifici, le arrabbiature quotidiane. Già, mi chiedo, perché no? Così ho incominciato a pensarci. Allora, prima di salutare […]

Viaggio tutti i giorni in treno da molti anni ormai, oltre ad averne davanti tanti ancora, e ogni tanto sento dire da qualcuno: «A noi pendolari dovrebbero fare un monumento». Sottinteso: per tutte le nostre fatiche, i sacrifici, le arrabbiature quotidiane. Già, mi chiedo, perché no? Così ho incominciato a pensarci. Allora, prima di salutare e partire per le agognate, sospirate ferie, mi permetto di formulare una proposta: un monumento al pendolare. Da collocare non nella piazza principale, dove dovrebbe convivere con il monumento a Garibaldi e quello ai Caduti, ma nel suo luogo naturale: lo spiazzo davanti alla stazione di Brescia. Affido ai letttori e al popolo dei pendolari la mia modesta proposta e auguro buona ferie a tutti, ma proprio a tutti, pendolari e no. Beppe, Brescia

CARO BEPPE, la tua proposta non è modesta, ma legittima e sacrosanta. E poi ci ringiovanisce perché molto tempo fa ce ne arrivò un’altra del tutto simile. Un monumento al pendolare. Lo dovrebbe ospitare ogni città, borgo, paese purché dotato di stazione, per minuscola che fosse. Come rappresentare il pendolare? Coperto da cappello e rivestito di cappotto perché il pendolarismo è più sofferto e intenso nei rigori invernali. Eroicamente scamiciato nel periodo della calura. A passo di corsa, impegnato a coprire affannosamente gli ultimi metri che lo separano dalla banchina, dove il treno regionale sbuffa, impaziente di attendere.

E quale volto potrebbe avere? Ogni pendolare ricerchi il soggetto nel mare dei ricordi, nel lago tranquillo della propria geografia sentimentale, nell’album delle figurine.

La nostra personale memoria ci rimanda alcune immagini. Allora, la statua potrebbe avere il volto di qualcuno degli eroici forzati della Milano-Cremona-Mantova oppure della Milano-Mortara, fra le linee più sciagurate della Lombardia.

SE PENSIAMO a un volto femminile, ci si affacccia alla mente quello di Piera (dove sei, Piera?), pendolare delle allora Ferrovie Nord. In treno dal 1961, da Palazzolo a Cusano Milanino, per frequentare la scuola di avviamento professionale. A seguire 35 anni filati di pendolarismo con Milano, inframezzati da due sole pause per mettere al mondo i figli.

Ma il ricordo più vivo nel nostro «amarcord» è quello di un manipolo di tipografi di Pavia e della provincia. Si ritrovavano nel pomeriggio in stazione, a Pavia e a Voghera, sbarcavano a Milano. Ripartivano dalla Centrale con l’ultimo treno delle 1.05. La definizione di treno suona quantomeno azzardata. Lo formavano antiquate vetture di prima classe con i sedili di panno ormai consunti. Era una sorta di angiporto ferroviario viaggiante, di suburra, di casbah. Trasportava anche trans e lucciole (alcune sorvegliate a vista da arcigni protettori), spaccia e tossici, clochard, venditori di collane e perline. Una volta prese posto in vettura anche un cane randagio che nessuno ebbe cuore di scacciare. I più fortunati dei tipografi scendevano a Pavia, gli altri proseguivano per Voghera dove qualcuno aveva lasciato l’auto che l’avrebbe riportato in qualche paese dell’Oltrepò. Quando il treno venne soppresso per motivi, riteniamo, di sicurezza e di igiene, gli amici tipografi erano già approdati al nido tranquillo della pensione.

Ecco. Dedichiamo a loro il nostro monumento virtuale.

gabriele.moroni@ilgiorno.net