Un mese, poi la pensione. E mi mancherà il mio treno

Fra meno di un mese andrò in pensione. Ho dato disposizioni tassative: niente pranzo d’addio, niente brindisi, niente discorsi che sanno di commemorazione. La mia preoccupazione è un’altra: il primo giorno da pensionato. Mi sveglierò al solito orario e ci metterò un attimo per realizzare che non devo correre alla stazione. So già che mi […]

Fra meno di un mese andrò in pensione. Ho dato disposizioni tassative: niente pranzo d’addio, niente brindisi, niente discorsi che sanno di commemorazione. La mia preoccupazione è un’altra: il primo giorno da pensionato. Mi sveglierò al solito orario e ci metterò un attimo per realizzare che non devo correre alla stazione. So già che mi mancheranno il treno e tutte le mie amicizie ferroviarie. Alessandro, Voghera



 UN SOLO suggerimento, caro lettore, e vedrà che sarà efficace: lavorare. O meglio trascorrere il primo giorno da pensionato come se fosse un normale giorno di lavoro. La sveglia e il treno, tutto come prima. Già, obietterà il nostro Alessandro, cosa farò nelle ore che avrei trascorso sul posto di lavoro? Un giro per Milano. Una visita in Duomo, al Castello, a Santa Maria delle Grazie. Un salto in libreria. Un negozio per acquistare un pensierino per la moglie (dovremo pur parlare, un giorno o l’altro, delle mogli dei pendolari, quando non siano pendolari a loro volta).

UN BUON PRANZO che sarà molto diverso da quelli aziendali. Due passi in Galleria. Al cinema nel pomeriggio (da quanto tempo non ci andava?). E in serata ecco Alessandro riprendere il solito treno, fedele compagno di viaggio, vecchio amico da non perdere.  Un esperimento da ripetere ogni tanto fino a quando non diventerà una piacevole abitudine, un appuntamento periodico da dividere con la famiglia.

Cosa ne pensa? Troppo facile e banale? Provare per credere, caro Alessandro. E anche riprovare. Il giorno dopo si accorgerà di guardare al pensionamento con meno patemi.

LA NOSTALGIA si sarà un po’ affievolita. Di rimpianti non è neppure il caso di parlare. Si prolungherà il sonno. Verrà stipulata una duratura pace con la sveglia. Si potrà apprezzare nel suo giusto valore il fatto di essere a casa, in famiglia, in poltrona. Con un libro in mano. La televisione che trasmette un buon film. Magari un nipotino da riempire di tutte le coccole che non è stato possibile elargire ai figli, perché si lavorava, perché il tempo a disposizione era poco, perché, già perché? E altro ancora. Molto altro. E tutto piacevole.  Se questo non dovesse bastare, ricordi, caro Alessandro, il motto che ha allietato, confortato, sostenuto generazioni di pensionati: alla faccia di chi lavora.

Auguri, pensionato renitente.

gabriele.moroni@ilgiorno.net