Teresa e i Legnanesi in viaggio con noi

UN AMICO (non pendolare) mi ha rivolto questa affettuosa accusa: «Voi pendolari vi prendete troppo sul serio. Non vi dico di ridere delle vostre disgrazie, ma, a sentire le vostre proteste sembra che ogni volta che salite su un treno vi avviate al supplizio. Ho l’impressione che manchiate del tutto di senso dell’umorismo». Avrei voluto […]

UN AMICO (non pendolare) mi ha rivolto questa affettuosa accusa: «Voi pendolari vi prendete troppo sul serio. Non vi dico di ridere delle vostre disgrazie, ma, a sentire le vostre proteste sembra che ogni volta che salite su un treno vi avviate al supplizio. Ho l’impressione che manchiate del tutto di senso dell’umorismo». Avrei voluto replicargli ruvidamente, ma visto che si trattava di un amico, mi sono trattenuto, anche se con un po’ di fatica. Oltre al danno del disagio quotidiano, si devono sopportare anche le beffe o essere invitati a ridere di noi? Credo di essere provvisto di un certo senso spirito e all’occorenza so anche sfoderarlo, ma c’è un limite a tutto. Possibile che si faccia tanta fatica per fare capire agli altri quanto sia difficile la vita del pendolare? Claudio, Legnano

CARO Claudio, potresti invitare il tuo amico a viaggiare con te, almeno per una settimana, su un treno pendolare e fargli toccare con mano quanto sia disagiata la nostra vita. Ti vogliamo però proporre un’alternativa che tu, legnanese, dovresti apprezzare. Il tuo scettico amico ti invita a ridere. Allora invitalo a tua volta e andate a ridere insieme con i Legnanesi. Sì, proprio loro, la compagnia dialettale più famosa d’Italia, quella resa celebre da Felice Musazzi e Tony Barlocco. Lo spettacolo s’intitola «Il treno dei pendolari». Un titolo per la prima volta in italiano e non in dialetto legnanese. Testo, ancora inedito, del grande Musazzi e di Antonio Provasio. Accenniamo solo alla trama. I protagonisti sono come sempre la Teresa, il marito Giovanni e la Mabilia, la figlia da sempre maggiorenne e da sempre zitella. Nel cortile della famiglia Colombo, luogo canonico di sempre, inizia a sgorgare uno strano liquido chiaro. Acqua? Sì, ma non potabile, bensì acqua miracolosa. Superata la sorpresa, i Colombo si sentono baciati dalla fortuna. Decidono di sfruttare la scoperta come elisir di lunga vita. Teresa si trasformerà in donna manager, Mabilia coinvolgerà nel business il fidanzato, tutti lavoreranno in un’improvvisata cooperativa familiare per imbottigliare e mettere in commercio quell’acqua prodigiosa. Nel cortile arriva gente pronta ad acquistare. I ricchi, i nuovi magnati, arabi, russi. Ma i tanto accarezzati sogni di ricchezza vengono infranti dallo Stato che s’impossessa del podere della famiglia. Restituiti alla condizione di sempre e addentati come tanti dalla crisi economica, i Colombo sono costretti a diventare pendolari. Assunti tutti e tre in un call center fuori città, costretti nei treni del mattino, vivono l’imprevista avventura e scoprono una nuova, faticosa dimensione, il mercato del lavoro e, per tutelare i propri diritti, anche l’esistenza del sindacato. Non sveliamo il finale. Si ride e un po’ anche si riflette. Crediamo che dopo essersi divertito, l’amico di Claudio modificherà la sua opinione sulla vita da pendolare e si accorgerà che i pendolari sanno anche ridere delle proprie fatiche e disgrazie quotidiane. Buon divertimento.

gabriele.moroni@ilgiorno.net