Sono passati altri 12 mesi. Mi dico: cosa posso salvare?

Alla fine di altri dodici mesi da pendolare, mi chiedo (come tutti gli anni, del resto) che cosa devo salvare. Certamente non i ritardi, i disagi, le soppressioni improvvise, le soste prolungate che mi hanno accompagnato per un anno. E allora, cosa mi rimane? Vorrei evitare di pormi la domanda. Invece, me lo chiedo a […]

Alla fine di altri dodici mesi da pendolare, mi chiedo (come tutti gli anni, del resto) che cosa devo salvare. Certamente non i ritardi, i disagi, le soppressioni improvvise, le soste prolungate che mi hanno accompagnato per un anno. E allora, cosa mi rimane? Vorrei evitare di pormi la domanda. Invece, me lo chiedo a ogni Capodanno e a ogni Capodanno non so quale risposta darmi.

Gianfranco, Varese

CARO LETTORE, comprendiamo benissimo e condividiamo uno sconforto che è sedimentato e si è radicato negli anni. Ma vogliamo proporre una risposta in positivo. Cosa salvare di un anno di vita da pendolare? Risposta: l’amicizia. In treno nascono rapporti di conoscenza che si tramutano in amicizia, affetto, vorremmo dire, senza esagerare, di fratellanza, che proseguono per tutta la vita. E a cementarli sono, in buona parte, proprio quei disagi giustamente lamentati dal nostro lettore. Solidarietà, amicizia, a volte si finisce con il matrimonio. I figli dei pendolari si conoscono e diventano a loro volta amici. Una visione troppo buonista, troppo natalizia? Non crediamo. I pendolari che ci leggono non possono che darci ragione.

Parliamo, per un momento di noi. Questa rubrica va avanti, con qualche interruzione, da oltre dieci anni. Alcuni affezionati corrispondenti sono diventati nostri amici. Anche se non abbiamo mai viaggiato sullo stesso treno. Anche se con qualcuno non ci siamo neppure mai visti. Pensiamo a Simona Vercesi, fra i primi ad aprire un dialogo con «Il Giorno», ci scrive dall’Oltrepò Pavese ed è una precisa analista di tutte le magagne dei convogli oltrepadani. Ettore Fittavolini (con lui sì, ci conosciamo), battagliero e mai domo presidente dei pendolari piacentini. Cesare Carbonari, portavoce della Milano-Torino, ha scritto un libro sui pendolari e composto un inno per loro, e appena può si traveste da clown per fare divertire i bambini meno fortunati negli ospedali. Giorgio Dahò, per tanti anni (e che anni) portavoce dei comitati dei pendolari lombardi: caro Giorgio, ti abbiamo citato per ultimo ma sei stata la nostra prima guida sulle rotte del pendolarismo.

Auguri a tutti, cari amici. A voi e ai vostri compagni di viaggio.

È probabile che il 2015 non sarà migliore dell’anno che lo ha preceduto. Auguriamoci che almeno non sia peggiore.

E comunque viva i pendolari.

gabriele.moroni@ilgiorno.net