Quando due anime pie salvarono il controllore

A TORINO è stata introdotta la penale sul ritardo dei mezzi pubblici, il rimborso contro i ritardi. Iniziativa lodevole anche se c’è ancora molto da fare. Personalmente sono anni che mi difendo in questo modo: quando passa il controllore che mi chiede il biglietto, glielo mostro con lo stesso ritardo che ho dovuto subire. Ho aspettato […]

A TORINO è stata introdotta la penale sul ritardo dei mezzi pubblici, il rimborso contro i ritardi. Iniziativa lodevole anche se c’è ancora molto da fare. Personalmente sono anni che mi difendo in questo modo: quando passa il controllore che mi chiede il biglietto, glielo mostro con lo stesso ritardo che ho dovuto subire. Ho aspettato l’autobus per 20 minuti? Il controllore aspetta il biglietto per altrettanto tempo.

Giuseppe Peroni, Carmagnola (Torino)

CURIOSA e interessante la protesta individuale che il nostro lettore mette in auto sui mezzi urbani. Inevitabile la domanda: sarebbe possibile attuarla anche sui treni? Intanto proviamo a immaginare, dobbiamo dire con un certo qual gusto, la scena. Il treno viaggia con mezz’ora o anche più di ritardo. Ancora pochi minuti e arriverà alla meta sospirata. Si presenta il controllore. «Ripassi fra mezz’ora», ribatte, caustico il pendolare di turno. «Ma fra mezz’ora saremo già arrivati da un pezzo», contrattacca l’altro. «E a me?», rintuzzerebbe a questo punto il pendolare e qui si fermerebbe perché si tratta, solitamente, di una persona civile, per quanto la sua educazione venga messa spesso a dura prova. La nostra, ahinoi, lunga militanza ferroviaria ci riporta un episodio surreale, ormai lontano nel tempo ma fissato nella memoria tenace che i pendolari hanno in comune con gli elefanti. Piena estate. Temperatura torrida. Treno dalla Riviera. Ritardo di un paio d’ore accumulato lungo il percorso. La meta di Milano stava finalmente per profilarsi quando ormai si incominciava a disperare. Il controllore si presentò con la richiesta del biglietto. Il primo viaggiatore a cui era stata rivolta lo guardò con aria trasognata, vagamente incredula, e rispose con una scrollata di spalle, pensando forse di avere sognato. Il secondo passeggero interpellato reagì in maniera opposta, molto più veemente, richiamando l’attenzione di altri. Alle spalle dell’incauto ferroviere si materializzò, come per incanto, una muraglia umana scamiciata, sudata, esasperata, furente, vociante. Una scena da film. Il finale virulento venne evitato dall’intervento provvidenziale quanto deciso di paio di viaggiatori ancora in possesso della ragione. Sottrassero il malcapitato all’altrui collera, lo trascinarono all’interno di uno scompartimento e gli spiegarono che la sua latitanza sarebbe stata molto gradita fino all’arrivo in stazione.

gabriele.moroni@ilgiorno.net