Popolo. Etnia. Gente. Ma soprattutto svettanti individualità, assolute nel male quanto sublimi nel bene, colori accesi senza alcuna concessione chiaroscurale. La Sicilia, meglio i siciliani. “I siciliani” è il titolo del poderoso (672 pagine) volume del catanese Alfio Caruso, edito da Neri Pozza. Una impressionante galleria di oltre cento personaggi suddivisi in dieci categorie: I figli della Storia, I figliastri della Storia, Sperti e malandrini, C’eravamo tanto odiati, La vita è un  film senza il lieto fine, I nipotini di Platone, Le padrone dell’Universo, I devoti di un  dio maggiore, I devoti di un dio minore, I paladini di carta. Grandi figure e comparuzzi. Banditi e criminali, uomini della legge. Intellettuali eccelsi. Politici e mestieranti della politica.

Avversioni e amicizie. Legami come vincoli ferrei e divisioni scavate da odi sempre rinnovati. Perché la dimensione del siciliano appare essere soprattutto “contro”: Concetto Marchesi contro Giovanni Gentile, il generale Vito Miceli contro il generale Giovanni De Lorenzo, Enrico Cuccia contro Michele Sindona. Personaggi espressi da quell’unica terra si ritrovano, sbalzati dalla penna magistrale di Caruso, esposti e sovraesposti nella loro totale, inconciliabile diversità. Federico II, “stupor mundi”. Ettore Majorana, genio assoluto, lucido, disperato, preveggente, eppure ammiratore del nazismo. In Luigi Pirandello la “sicilianità” si sublima in dimensione spirituale, nevrosi che sconfina e traligna nella pazzia, nella guerra del singolo (Mattia Pascal) contro la collettività. Mario Ciancio padrone dell’editoria. Boris Giuliano, Falcone, Borsellino, custodi della legge. Ogni siciliano è un’isola. E Caruso la esplora.