“Leggendo” in sala d’aspetto. Poeti o vandali in stazione?

Abito a Milano, dove sono nato, e quasi tutti i giorni mi sposto per lavoro in treno, che da sempre è il mio mezzo di locomozione preferito. Nel corso dei miei viaggi, più o meno lunghi, mi capita spesso di scendere o di sostare in stazioni di provincia in attesa di una coincidenza o del […]

Abito a Milano, dove sono nato, e quasi tutti i giorni mi sposto per lavoro in treno, che da sempre è il mio mezzo di locomozione preferito. Nel corso dei miei viaggi, più o meno lunghi, mi capita spesso di scendere o di sostare in stazioni di provincia in attesa di una coincidenza o del treno per il ritorno. Ogni volta non posso che rimanere sorpreso (spiacevolmente, si capisce) delle scritte che imbrattano i muri delle sale d’aspetto. Non ce n’è una che si salvi. Una cosa mostruosa. Uno spettacolo indecente. Possibile che le Ferrovie non riescano a intervenire per cancellare l’opera di questi individui che non possono neppure essere definiti graffitari, ma che sono soltanto degli incivili?

Giorgio, Milano

LE FERROVIE intervengono, caro Giorgio, più frequentemente di quanto si creda e vengono anche spese cifre notevoli. Purtroppo la madre dei vandali è perennemente incinta, come quella dei cretini. O forse si tratta della stessa mamma. Dopo avere letto la tua mail, abbiamo fatto un giro in qualche stazione, abbiamo recuperato vecchie mail di altri pendolari che segnalavano lo stesso degrado e infine ci siamo affidati a quel serbatoio prezioso che sono i ricordi appuntati sui taccuini del cronista. Ricordiano, per esempio, il sospiro di un poeta assolutamente ermetico depositato su un muro incolore: “Chissà se una pianta sa di essere una pianta e se un animale sa di essere tale; perché io so ciò che sono ma non so il perché, non so vivere in quanto tale e non so perché so ciò che sono. Ma poi chi sono, cos’è che realmente poi sono? Forse è proprio questo”. Peccato che nelle stazioni i poeti non siano molto apprezzati. Anzi, vengono sbeffeggiati. Sotto il carme mani irriguardose avevano apposto tre scritte. Una s’informava della salute mentale del poeta, anche se il tono era di chi già conosceva la diagnosi. Un’altra chiedeva se l’autore della lirica avesse frequentazioni con la droga. La terza lo mandava a quel paese, certamente sovraffollato o diventato città per via dei frequenti, incessanti arrivi di nuovi residenti.

Numeri di cellulare, offerte di prestazioni, leggeri Tvb ma anche profferte di amore eterno. Chissà dove sarà finita Simona? Gli utenti della stazione l’avevano eletta miss e reginetta. Sovrana incontrastata. Per lei dichiarazioni e profferte senza riserve. Si sarà accorta, la fascinosa fanciulla, di essere oggetto di tanta sfrenata passione, di essere amata, concupita, desiderata? A parte il rammarico di non averla conosciuta e neppure osservata da lontano, ci chiediamo cosa ne è stato della regina di cuori (infranti). Oggi forse sarà sposata, moglie fedele e mamma felice. Addio sogni. E addio Simona.

Ci diceva anni fa uno psicologo: «Quello delle scritte sui muri non è un fenomeno completamente negativo. Alla base c’è un desiderio dei ragazzi di esprimersi. Si dovrebbero trovare degli spazi per loro, degli spazi appositi. Il desiderio dei giovani di esprimersi con scritte, con disegni, è sempre esistito. Le generazioni che hanno preceduto quella attuale incidevano i nomi sugli alberi, con i cuori trafitti e la data dell’incontro. Il guaio è che quasi sempre i giovani non riescono a contenere questo desiderio. E saltano fuori cose indecenti». Appunto.

gabriele.moroni@ilgiorno.net