FINO A IERI era l’unico indagato per la morte di Yara Gambirasio. Prima per omicidio, poi calato in un nuovo fascicolo per favoreggiamento. Mohammed Fikri esce dalla scena del truce giallo bergamasco. La sua figura è stata a lungo terreno di scontro fra gli investigatori del caso Yara: quelli convinti che qualcosa avesse saputo, appreso, auscultato al lavoro nel cantiere di Mapello, nella giornata maledetta del 26 novembre 2010, e gli altri, sostenitori della tesi di un omicidio di area, autoctono quanto a luogo ed esecutore. Un contrasto che si è riproposto nell’estenuante braccio di ferro fra un pm deciso a ottenere l’archiviazione per Fikri e un gip altrettanto tetragono nel negarla. Ci sono voluti una nuova perizia sulle telefonate e un incidente probatorio che la cristallizzasse in prova. Trentadue mesi fa. Trentadue mesi per alimentare in coltura il batterio del sospetto. Trentadue mesi che nessuno potrà restituire a Mohammed Fikri. Insieme con il lavoro perduto e una serenità finita in pezzi.