UN LATITANTE attraversa l’Europa, in auto con moglie e pargoli, varcando quattro frontiere.  Si trattiene per due giorni a Chiasso, il tempo di svuotare l’appartamento di mobili e averi. Ultimato il trasloco, fa ritorno nella nativa Serbia. Si chiama  Almir Gegic. Di professione calciatore di non eccelsa caratura. Inseguito da un mandato di arresto europeo perché ritenuto il «dominus» onnipresente della Calciopoli su cui indaga la procura di Cremona, il capo degli «zingari», scommettitori, finanziatori di scommesse, corruttori di calciatori. Perché non è stato arrestato in Ticino? Perché, spiegano con elvetica pignoleria la procura federale di Berna e quella di Lugano, «la richiesta italiana non adempiva alle condizioni necessarie, di conseguenza è stato richiesto alle autorità italiane un completamento di informazioni».

 Carte richieste e mai arrivate, sostengono i magistrati svizzeri. Carte che Cremona sostiene invece di avere spedito. Ieri mattina sono comparsi nella procura cremonese i difensori di Dino Lalic, Vinko Saka e Alija Ribic, tre stranieri coinvolti nell’inchiesta. Marcello Cecchini, avvocato di Pesaro, e Kresimir Krsnik, legale di Zagabria, hanno lasciato tre memorie. Accuse ai giocatori Carlo Gervasoni e Filippo Carobbio e un nome che ricorre: Almir Gegic. Il latitante se la ride e forse sta pensando che un giorno, quando saranno cresciuti, spiegherà ai figli il concetto di cooperazione internazionale e di come il babbo beffò le polizie di mezzo continente. Scommettiamo?

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