DOPO TRENT’ANNI di pendolarismo quotidiano dalla mia città a Milano, non posso che condividere le affermazioni che mi capita spesso di leggere nella rubrica sulla amicizia e la fratellanza che nascono e si sviluppano fra i pendolari. Tutto vero. Tutto sperimentato e risperimentato di persona, tutti i giorni. Alla fine di ogni anno si volta pagina e rimangono le cose belle, che si tramutano subito in dolci ricordi. Alla fine pendolare è bello. Nonostante tante cose. Massimo, Varese

DISPIACE, caro lettore, di essere stati costretti a tagliare e sintetizzare la sua lunga e bella mail. Una sintesi perfetta, ma anche partecipata e in certi punti commossa della vita da pendolare e anche dei valori che ne possono nascere. Compendia e racchiude ogni cosa, grandi negatività e positività altrettanto grandi. Ne proponiamo ancora qualche scampolo che sarebe un vero peccato perdere. “Un altro periodo – scrive Massimo – che ricordo con molta tenerezza è quando mia moglie e i miei figli viaggiavano con me. Paolo oggi ha vent’anni e spesso viaggia ancora in mia compagnia per andare all’università, a Milano. Ha iniziato a usare il treno a un anno. Lo portavamo con noi e i nonni, che abitavano a Legnano, puntualmente, venivano a prenderlo alla stazione. Lo riportavano in stazione la sera e ce lo riconsegnavano. Stessa sorte per Marina, la seconda, che oggi ha quindici anni. Anche lei, fino a tre anni, ha viaggiato con noi. Poi sono venute le scuole materne, le elementari, mia moglie è rimasta a casa per poter seguire i figli. Ma il ricordo dei nostri viaggi in treno rimane, incancellabile.

Il treno piaceva e piaceva parecchio a entrambi i pargoletti. Per loro era come un gioco che iniziava la mattina e riprendeva la sera. Erano i beniamini dei viaggiatori, le piccole mascotte del treno. Chi li prendeva in braccio per coccolarseli, chi allungava una caramella o una carezza, chi cercava di intavolare un dialogo”. Ecco cosa scrive Massimo della solidarietà pendolare. “Trovare dei visi amici aiuta molto a iniziare bene la giornata. E’ una specie di rito ritrovarsi nella stessa carrozza, cercarsi, se possibile stare seduti vicini. Incontrarsi e stare insieme è l’antidoto migliore contro la stanchezza della levataccia mattutina, la noia, le contrarietà del viaggio e della giornata di lavoro. Ormai molti di noi conoscono le vicende, la famiglia, il privato degli altri. E in caso di bisogno ecco scattare il ‘mutuo soccorso’. Questa è la solidarietà pendolare. Non è retorica. Provare (se volete) per credere”. No, caro Massimo, non è retorica. Non lo è per niente. Davvero tutti dovrebbero provare un periodo, anche breve di pendolarismo. Si imparerebbero molte cose insegnate, con un sorriso, dal nostro amico Massimo e da tanti come lui.
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