PAURA. Come dopo il pomeriggio marchiato dalla banda Cavallero, dopo piazza Fontana, dopo le picconate assassine di Kabobo. Se anche un tribunale è stato tanto sanguinosamente violato, abbiamo pensato tutti e non smettiamo di pensarlo, non esiste più nulla di inviolabile. E (immediato retropensiero) se al posto dell’indebitato, fallito, ultracinquantenne Giardiello ci fosse stato un professionista del terrore, un dispensatore di morte pronto anche al sacrificio di sé, a quale bilancio in vite umane, a quale computo funebre, saremmo costretti adesso? MILANO che si prepara all’Expo riscopre all’improvviso, traumaticamente, la paura, dopo averla sepolta nell’inconscio collettivo. Passato lo smarrimento, chiede di vedere ricomposta la sua sicurezza. Un diritto. Il primo passo sarà la verità su come è stata, incredibilmente, possibile la mattinata di fuoco di ieri. Conoscerla sarà il primo passo, il primo mattone per ricostruire la fragile parete mandata in frantumi da quei colpi di pistola. Ancora una volta, di fronte a dei morti, Milano reclama verità. Le è dovuta. Nella lunga guerra alla paura si riparte, ancora una volta, da zero. Con fatica, dispiacere, dolore. Si ricomincia. Ma nella certezza che la sfida finirà con la nostra vittoria. Faticosa, non definitiva, ma importante. [email protected]