Dietro ogni viaggiatore spesso c’è uno scrittore

Mi ha fatto piacere apprendere, seguendo Vita da pendolare, che le patrie ferrovie hanno ispirato Carducci o sono state raccontate da un romanziere come Bassani. Credo, però, che a bordo dei treni viaggino tanti poeti e scrittori o potenziali tali e altrettanti se ne possano trovare in quei microcosmi tutti da scoprire che sono le nostre stazioni. Peccato che non sempre escano […]

Mi ha fatto piacere apprendere, seguendo Vita da pendolare, che le patrie ferrovie hanno ispirato Carducci o sono state raccontate da un romanziere come Bassani. Credo, però, che a bordo dei treni viaggino tanti poeti e scrittori o potenziali tali e altrettanti se ne possano trovare in quei microcosmi tutti da scoprire che sono le nostre stazioni. Peccato che non sempre escano allo scoperto.

Pierangelo, Bergamo

CERTO, GENTILE LETTORE. Dietro il pendolare, dentro la divisa del ferroviere, spesso c’è uno scrittore. Ha un nome illustre, Antonino Caponnetto, e natali catanesi. Vive a Mantova dal 1981, è capostazione. Nel 1998 l’editore Campanotto ha mandato il libreria «Forme del mutamento» e quattro anni dopo «La colpa del re». Per le edizioni Kolibris ha pubblicato la raccolta di versi «Miti per l’uomo solo» (2009). Ci raccontava una volta il capostazione poeta (anche se confessava di non gradire molto la definizione): «Ho incominciato a scrivere poesie quando avevo quattordici, quindici anni. Un po’ tenevo e un po’ distruggevo. Nel ’96, a quarantasei anni, ho deciso che era venuto il momento di pubblicare. Volevo esprimermi in prosa. Ci provavo, ma la poesia tornava sempre fuori. Così mi somo rimesso a scrivere versi». Come quelli di «Nel buio della notte», una riflessione sul tempo e il mutamento, con nel finale un messaggio di speranza: «Obolo e

doni rinnovati a quelli che, perfino nel buio della notte, lungo la più terribile caduta, conservano nel cuore il sorriso dei saggi». Tempo fa il nostro amico Cesare Carbonari, portavoce dei viaggiatori della linea Torino-Milano, ha mandato alle stampe un libro intitolato (doverosamente) «Pendolari». Un libro nato strada facendo. Prima di approdare alla pensione, Carbonari era dipendente della compagnia di bandiera spagnola. Un giorno di maggio del ’91 gli comunicarono che gli uffici di Torino chiudevano, rimanevano aperti quelli di Milano. Oltre al lavoro, Cesare aveva a Torino moglie e una bambina di sei mesi. Non era mai salito su un treno. Per anni le sue giornate sono state scandite dagli stessi orari: partenza dal Lingotto alle 6.23, sbarco a Milano alle 8.40, ripartenza alle 18.15, arrivo a Porta Susa alle 19.46, trasbordo su un Vercelli-Cuneo che lo scaricava al Lingotto alle 20.07, finalmente a casa allle 20.45. In treno ha incominciato a osservare e quindi a scrivere. E a descrivere il popolo pendolare. Un coro e qualche solista. Le pendolari del sesso. I clochard. I borseggiatori. I molestatori delle signore. Il mondo desolato dei tossici. Caro Pierangelo, vogliamo provare a scrivere?

gabriele.moroni@ilgiorno.net