Cristina sulla Como-Lecco ha trovato anche l’amicizia

SONO PENDOLARE dal 1995, anno in cui mi sono sposata, trasferendomi da Como a Rogeno, un paesino nella Brianza lecchese. Lavorando a Como, sono entrata nella schiera dei pendolari. Nel mio caso i chilometri da percorrere in treno sono circa 25, con una durata effettiva del viaggio di 30 minuti. Con gli spostamenti da casa […]

SONO PENDOLARE dal 1995, anno in cui mi sono sposata, trasferendomi da Como a Rogeno, un paesino nella Brianza lecchese. Lavorando a Como, sono entrata nella schiera dei pendolari. Nel mio caso i chilometri da percorrere in treno sono circa 25, con una durata effettiva del viaggio di 30 minuti. Con gli spostamenti da casa alla stazione e dalla stazione al posto di lavoro, devo aggiungere circa altri 30 minuti. Nonostante le arrabbiature, se dovessi fare un bilancio direi che la vita da pendolare mi ha aiutata a vincere un po’ la mia timidezza, mi ha fatto conoscere molta gente e ha fatto nascere nuove amicizie. Cristina Vaccani, Rogeno (Lecco) Portavoce della linea Como-Lecco

DISPIACE, cara Cristina, dispiace molto di essere costretti a tagliare e a sintetizzare la tua (possiamo scambiarci il «tu» della fratellanza pendolare, vero?) splendida mail. Una sintesi perfetta della vita del pendolare. Compendia e racchiude tutto, grandi negativiità e magnifiche positività.  Il ricordo che si fonde con l’attualità e «fotografa» perfettamente una delle peculiarità del pendolarismo: l’immutabilità. Parli del trenino che all’inizio ti pareva così «strano» rispetto ai treni «normali» a cui eri abituata. Infatti si trattava di un treno ancora a gasolio che oggi «è ancora lo stesso di quel luglio ’95 e ancora lo stesso che viaggiava negli anni ’70». Già nel ’95 la linea era chiusa la domenica e in agosto rimaneva chiusa per due settimane. Oggi smobilita per l’intero mese di agosto e anche nelle festività natalizie. L’ereditarietà.

«ALTRO PERIODO – scrive Cristina – che ricordo molto bene è quando con me viaggiavano le mie figlie, già pendolari a un anno. Elisa, oggi quattordicenne, viaggia ancora con me per andare a scuola. Ha iniziato a usare il treno a un anno, nel 1999. Passato il periodo di maternità, abitando con i miei genitori fuori Como, quando andavo a lavorare portavo Elisa con me e i nonni, puntualmente, venivano a prenderla alla stazione per riaccompagnarla alla stazione la sera. Stessa sorte è toccata a Giulia, la sorella oggi dodicenne. Nell’ottobre 2001 portavo sul treno con me sia Elisa che Giulia. I nonni venivano a prenderle in stazione a Como e le riaccompagnavano la sera. Le bambine hanno viaggiato con me fino ai tre anni, quando hanno incominciato ad andare alla scuola materna. Ad entrambe piaceva prendere il treno, per loro era un gioco. Erano le mascotte del treno». La solidarietà pendolare. «Si è creata una cerchia di amicizie che ti fa iniziare bene la giornata. E’ diventato un rito sedersi tutti insieme e ovviamente qualcuno deve sedersi da un’altra parte perché tutti non ci si sta. Incontrarsi ti fa passare la stanchezza della levataccia mattutina… Ormai molti di noi conoscono le vicende degli altri e si è creata una sorta di “mutuo aiuto” che ti porta a fidarti di questi uomini e donne che fino a pochi anni fa erano solo pendolari, mentre ora sono persone su cui puoi contare». Brava, Cristina.

gabriele.moroni@ilgiorno.net