PARE che qualcuno abbia rilevato che l’immagine del rettore Dionigi, aggredito dal gruppo di studenti entrati in Rettorato, sia imbarazzante perché dà un’impressione di debolezza nei confronti di quei violenti. Ritengo che chi pensa o dice una cosa del genere faccia parte di quelli che guardano il dito e non la luna. Non è infatti un’espressione di debolezza, ma di dolorosa constatazione la smorfia del professor Dionigi di fronte all’aggressore che ha il sorrisino dei violenti.

 

Non sorridevano così anche i nazisti gongolanti nel vedere le sofferenze dei loro perseguitati? Fatte le dovute proporzioni tra la violenza individuale e quella elevata a sistema, quel sorrisino è comunque la rappresentazione dello stesso male. E la reazione di Dionigi si esprime in un gesto di malinconica resistenza alla prevaricazione. La sua è un’espressione di dolore che rappresenta l’incapacità non dico di esercitare, ma nemmeno di concepire una reazione muscolare.

 

Ed è nella repulsione non violenta del sapiente la manifestazione del rifiuto intellettuale di tali bassezze e di chi le esercita. Quei ragazzotti e ragazzine, che irrompono in quell’aula e lanciano biglietti in aria divertiti dal solo risultato di aver interrotto il lavoro dei docenti riuniti, stanno entrando forse in modo inconsapevole in una zona grigia che porta al buio. E’ forse il caso ricordare loro, come spesso ci è capitato di ripetere perfino abusandone, che la rinuncia alla ragione e all’intelligenza genera uomini pericolosi se non mostri. I genitori di quei figli hanno di che riflettere.

di Giovanni Morandi