Vengo anch’io

Lo sbigottimento che Monti confessa di provare quando ascolta Berlusconi che un giorno lo loda e il giorno dopo lo denigra, dovrebbe essere quasi la stessa sensazione che hanno provato ieri nel Pd, quando hanno ascoltato la conferenza stampa di Monti in chiusura della sua esperienza di governo. Tutti o quasi si aspettavano un caloroso […]

Lo sbigottimento che Monti confessa di provare quando ascolta Berlusconi che un giorno lo loda e il giorno dopo lo denigra, dovrebbe essere quasi la stessa sensazione che hanno provato ieri nel Pd, quando hanno ascoltato la conferenza stampa di Monti in chiusura della sua esperienza di governo. Tutti o quasi si aspettavano un caloroso saluto, come si usa tra quelli che si lasciano bene, e invece il professore ha detto di essere disponibile a fare molte cose meno una: andarsene.

Imbarazzo a sinistra più che a destra, ovvero proprio in quella parte politica con la quale il professore progetta di realizzare la cosiddetta Agenda Monti, di cui tutti parlano, che tutti fingono di conoscere, che tutti lodano come fanno quelli appena usciti da una mostra di artista di grido ma che fa capolavori che nessuno metterebbe in casa. Con una complicazione in più.

Quel capolavoro che si chiama Agenda Monti, secondo le indicazioni del suo autore, potrà essere acquisita a condizione di prendere tutto il pacco, compreso l’artista. Con l’impegno poi di trasformarlo in principe, ovvero premier.

Non è un prezzo da poco e dovrebbero pagarlo proprio quelli che considera i suoi amici. Il rischio a cui si espone è di chiedere troppo.

Il problema non riguarda Berlusconi con cui Monti non potrebbe avere rapporti peggiori. Riguarda invece i centristi, che sono la forza di riferimento a cui Monti ha rivolto, sebbene non esplicitamente, le sue indicazioni. Sono loro che dovranno fargli da piedistallo e nulla sarà gratis, a cominciare dalla composizione delle liste e dall’inclusione fra le candidature degli uomini di cui Monti si fida. Dovranno fare un po’ di mercato, ma del resto dove non lo fanno?

Il problema riguarda anche Napolitano, che si sta chiedendo se sia corretto che un presidente del consiglio incaricato nel modo in cui sappiamo mantenga il suo ruolo nel caso in cui si candidasse.

E infine il problema Monti riguarda Bersani, che pare poco disponibile a cedere a Monti quella leadership che si è aggiudicato vincendo con grande fatica le primarie. E poi perché mai un partito dovrebbe rinunciare alle decisioni già prese a favore di un signore, che per quanto stimi e per quanto sia raccomandato da Merkel e Hollande, gli è estraneo?

Questo cocciuto salire di Monti in politica — la polemica ascensoriale con Berlusconi, che invece preferisce dire scendere in politica, è abbastanza patetica — potrebbe costare al Pd una quota di elettorato se non fatale quanto meno preziosa. Questa volta avrebbe potuto fare il pienone di voti, se non si fosse presentato il non invitato Monti. Se la ridono Berlusconi e Grillo.

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