UNA PISTOLA è una pistola anche quando viene impugnata da un ragazzino. O una ragazzina. E questo basta e avanza per non sottovalutare l’agguato terroristico di Genova, che ha azzoppato uno «scienziato incolore», come l’hanno chiamato gli attentatori del ‘Nucleo Olga’. Non ci tranquillizza il constatare che questi sono gli unici terroristi al mondo che hanno dichiarato guerra a un nemico che non c’è, perché avrebbero potuto inventarsi tutte le cause possibili meno quella di far la guerra al nucleare in un Paese che non è mai riuscito ad aprire nemmeno mezza centrale atomica. Ma allora, uno si chiede, che terroristi sono questi qua? Il loro comunicato ci permette di fare alcune valutazioni su chi siano, osservando il loro linguaggio di sapore dannunziano, più di destra che di sinistra, in cui parlano di «via immaginifica alla distruzione dell’esistente». Un lessico romantico, che pare uscito da una penna femminile, amante della forma, attenta e selettiva e con un certo valore letterario, che non rinuncia al chiasmo, ovvero all’ artificio estetico tipo quello usato per dire di voler «far lavorare le armi della critica e allo stesso tempo la critica delle armi», che è un virtuosismo compositivo che ha poco di politico.

DUNQUE non dobbiamo prenderli sul serio? Una pistola è una pistola anche se è in mano a un ragazzino, e ammesso che questi siano apprendisti hanno pur sempre scelto la via delle armi e ciò basta per non sottovalutarli. Anche perché l’esperienza insegna che il terrorismo, come ogni altro fenomeno, ha una sua evoluzione ed è frequente l’errore che gli Stati all’inizio non lo prendano sul serio e quando lo fanno magari sia tardi.

PERCIÒ il ministro dell’Interno Cancellieri ha parlato di rischio evoluzione ed espansione e ha detto che bisogna reagire subito e con energia per fermarli. Resta il fatto che il Nucleo anarchico di Genova si dichiara parte di una rete internazionale ma è molto diverso da quello, più legato alla tradizione rivoluzionaria leninista, che uccise Marco Biagi. Questi qui paiono cullarsi in un disperante esistenzialismo molto chiuso. Ma ciò non li rende meno pericolosi.

LO DICO ricordando quando negli Anni di Piombo mi occupai della centrale nucleare che era in costruzione a Montalto di Castro e la polizia poi trovò il mio nome in una lista di un gruppo di fuoco di Prima Linea. Il pericolo terrorista è proprio questo: non puoi sapere se sei nella lista e ti attaccano alle spalle.