Un primo passo

ACCETTANDO di rimanere alla guida del Paese, Giorgio Napolitano si è assunto l’impegno di indicare la strada per chiudere con un’epoca storica e avviare l’Italia verso una nuova stagione. E’ un impegno grave e ambizioso, frastornati da giorni che sono tra i più bui della Repubblica ci pare anzi un impegno impossibile. Eppure non ha […]

ACCETTANDO di rimanere alla guida del Paese, Giorgio Napolitano si è assunto l’impegno di indicare la strada per chiudere con un’epoca storica e avviare l’Italia verso una nuova stagione. E’ un impegno grave e ambizioso, frastornati da giorni che sono tra i più bui della Repubblica ci pare anzi un impegno impossibile. Eppure non ha alternative, se non si vorrà far vincere quelle forze — ci sono in tutte le età ma soprattutto in quelle più difficili — che cercano il tanto peggio tanto meglio. Solo chi si comporta come le tre scimmie del non vedo, non sento e non parlo o i pensieri deboli che scambiano gli slogan e gli schiamazzi della piazza per idee intelligenti, solo queste categorie non vedono che questo rischio è più vicino di quanto si immagini. Ma fermiamoci qui. Ieri è stato un buon giorno per pensare di poter ricominciare a costruire.

PERCHÉ la rielezione di Napolitano è il primo passo che condurrà alla formazione di un governo sostenuto da un largo schieramento di forze politiche, che troppo tardi ma finalmente si sono decise ad impegnarsi per assumersi la responsabilità di rispondere ai gravi problemi della peggiore crisi economica e istituzionale della nostra storia repubblicana. La rielezione di Napolitano è una svolta che non chiude però con una fase politica drammatica nella quale abbiamo assistito alla dissoluzione del partito della sinistra e all’incapacità di tutti i partiti di dare risposte ad un malessere e ad una ribellione che si è rifugiata nel movimento di Grillo. Un rifugio pericoloso, che ieri ha fatto temere derive eversive quando di fronte al regolarissimo svolgimento delle elezioni del Presidente della Repubblica, Beppe Grillo ha gridato al colpo di stato chiamando milioni, così ha detto, di sostenitori a Roma per respingere l’esito dell’elezione del Capo dello Stato. Un appello che ha messo in grave imbarazzo lo stesso candidato grillino, fa un certo effetto chiamarlo così dal momento che il professor Rodotà è un grillino di 80 anni e non è poi così nuovo come lo si è descritto visto che si è fatto tutta la sua carriera politica nell’ex Pci, essendo stato deputato per 4 legislature, presidente del Pds e vicepresidente della Camera. Ma il potere mediatico se ben usato dai manipolatori può far prendere delle belle cantonate e perciò Rodotà è stato scambiato per il nuovo che avanza.

Con l’elezione di Napolitano è stato fatto un passo in avanti per la formazione del governo e il varo della riforma elettorale. L’elezione con il suo ampio schieramento ha dimostrato che una maggioranza se la si vuole c’è. Questa elezione ha messo fine, almeno per un pomeriggio, alle disgraziatissime lacerazioni che hanno distrutto il Pd diviso tra i sostenitori della necessità di dare un governo al paese e i cacciatori di farfalle, che pensano sia meglio correre dietro a Grillo, senza chiedersi per andare dove. Tutte le questioni del Pd restano drammaticamente aperte. Il partito non c’è più ma esistono coloro che lo hanno votato e che vogliono continuare a votarlo. E che non sono disposti ad essere scambiati per quelli che chiamano colpi di Stato le regole della democrazia. Pensieri malati, alla larga.

di Giovanni Morandi