Un governo che governi

Viene in mente David Copperfield quando si presentò al signor Dick. Accadde, dopo che il ragazzo aveva conosciuto le premure di Peggotty, la severità di Murdstone, l’amicizia di Steerforth, le angherie del preside Creakle, l’inettitudine di Micawber, l’eccentricità di zia Trotwood, le stranezze di Dick, le attenzioni della figlia dell’avvocato Wickfield, l’ingenuità dell’orfana Emily, insomma […]

Viene in mente David Copperfield quando si presentò al signor Dick. Accadde, dopo che il ragazzo aveva conosciuto le premure di Peggotty, la severità di Murdstone, l’amicizia di Steerforth, le angherie del preside Creakle, l’inettitudine di Micawber, l’eccentricità di zia Trotwood, le stranezze di Dick, le attenzioni della figlia dell’avvocato Wickfield, l’ingenuità dell’orfana Emily, insomma quel giorno in cui zia Betsy guardò ansiosa David e rivolgendosi al signor Dick fece: «Che cosa facciamo di questo ragazzo?». E l’amico rispose: «Per prima cosa io gli farei un bel bagno». È la stessa risposta che mi pare di dover dare a chi eventualmente si ponesse analoga domanda a proposito del governo Letta e a chi si chiedesse che cosa di esso dovessimo pensare e la risposta più probabile che mi pare potremmo raccogliere potrebbe essere appunto quella di chi si augurasse o auspicasse: «Per prima cosa io chiederei al governo di governare».

E non perché non lo stia facendo, ma perché ora è diventato più facile giudicarlo, non avendo più l’alibi di Berlusconi, del Pdl, di Renzi o di Bersani come professionisti guastatori colpevoli di tutto quel che ha avvelenato l’esistenza a Letta. Da ora i meriti e le colpe sono e saranno interamente del governo, che è giusto che governi, il che significa farlo anche a prezzo di non avere il consenso o la caduca popolarità che possono dare i media o qualche interessata parte sociale, come dimostrano la riforma della Bossi-Fini sugli immigrati e il salvataggio di Alitalia. Letta, nonostante il suo essere cattolico in politica, ha poco da condividere con il Papa e il clero che forse l’hanno indotto a vergognarsi del reato di clandestinità, che è lo stesso previsto in paesi come Germania, Francia, Gran Bretagna, Olanda nonché Svizzera, dove l’immigrazione non autorizzata è reato penale o amministrativo. La nostra superiore esperienza in quanto paese che più di ogni altro ha a che fare con questo tipo di immigrazione ci consente di sapere che bisogna ben separare le misure per i passeggeri da quelle dirette ai trafficanti e che per questi servono pene pesantissime, che scoraggino, come è già accaduto con gli scafisti albanesi. Tenersi lontani dal condizionamento dei media, per prendere i provvedimenti più giusti e non i più popolari, sarebbe una buona regola.

Allo stesso modo mi paiono resistenti alle variabili valutazioni del caso, le parole del presidente di Confindustria Squinzi, che su Alitalia-Poste si è detto perplesso come sempre gli accade quando la mano pubblica entra in affari con il privato. È un matrimonio che di volta in volta può rallegrare Berlusconi o Letta o i sindacati o il manager di turno, ma sarebbe più saggio chiedersi se non fosse più giusto astenersi, perché tardivo e non capace di modificare situazioni pregiudicate. Che sia proprio così è più che

un sospetto, che sia stato un errore averlo sostenuto è più che un dubbio.

Alitalia berlusconi governo letta pdl renzi