Un esame truffa

Li chiamano test quasi avessero una valenza scientifica, un’attendibilità. Questi esami di ammissione per accedere all’università sono solo buffonate, prove mortificanti e false, pretesti per spillare soldi agli studenti che dal liceo passano all’università. Probabilmente sono anche contrari alla Costituzione. E sono odiose occasioni colte dai soliti profittatori per lucrare sulle speranze dei giovani, sui loro […]

Li chiamano test quasi avessero una valenza scientifica, un’attendibilità. Questi esami di ammissione per accedere all’università sono solo buffonate, prove mortificanti e false, pretesti per spillare soldi agli studenti che dal liceo passano all’università. Probabilmente sono anche contrari alla Costituzione. E sono odiose occasioni colte dai soliti profittatori per lucrare sulle speranze dei giovani, sui loro progetti, peggio, sui loro sogni. Esami così andavano alla grande nei regimi, dove lo Stato voleva decidere tutto, per cui da padrone voleva stabilire quanti medici avere nel prossimo piano quinquennale e quanti ingegneri o architetti. E lo decideva con esami truffa, che servivano anche ad escludere i figli dei dissidenti.

Il metodo serio di selezione, che è adottato nei paesi dove migliore è il livello culturale e di istruzione, è invece un altro. E’ quello che non pone impedimenti al libero accesso. Sarà la vita a decidere chi avrà fatto una buona scelta per il proprio avvenire e chi una sbagliata. Saranno gli esami di corso a selezionare davvero. O pensate sia seria una selezione, come quella a medicina, che è basata su un test che include domande tipo: cosa sono la rendita catastale e l’Imu?

È umiliante vedere migliaia di ragazzi, 100 mila, stipati nei palazzetti dello sport a contendersi 10 mila ingressi. Con atenei che avvalendosi della loro giusta autonomia decidono regole diverse per lo stesso gioco, per cui negli atenei del nord la selezione è molto severa e in quelli del sud, che sono a corto di iscrizioni, invece blanda. Resta un mistero poi perché mai vengano a dirci che scarseggeranno i medici in futuro se invece di formarli li scoraggiamo. Ma soprattutto c’è una questione fondamentale di cui tener conto.

L’università è per principio il luogo del libero studio, della libera ricerca, della libertà in senso assoluto e ideale, e non vi si possono porre barriere di alcun tipo se non quelle dipendenti dalle capacità e dai risultati. Perfino i limiti temporali imposti per escludere i fuoricorso sono un arbitrio. Se uno volesse fare lo studente a vita e pagasse le tasse di iscrizione perché mai dovremmo impedirglielo? Ogni forma di limitazione, in questo campo, è un’espressione di statalismo se non bieco e oscurantista certamente straccione e presuntuoso.

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