Un anno di Monti

È PASSATO un anno da quando il presidente Napolitano nominò senatore a vita il professor Mario Monti e tra pochi giorni sarà un anno da quando Monti presentò il suo governo di tecnici. Fu un cambio così drastico, di contenuti e di modi, che quella conferenza stampa affollata di imbranati professori ci parve segnare la […]

È PASSATO un anno da quando il presidente Napolitano nominò senatore a vita il professor Mario Monti e tra pochi giorni sarà un anno da quando Monti presentò il suo governo di tecnici. Fu un cambio così drastico, di contenuti e di modi, che quella conferenza stampa affollata di imbranati professori ci parve segnare la divisione tra due epoche anziché due governi. Inevitabile siano giorni di bilanci, con l’immancabile domanda su quel che Monti ha fatto e quel che non è riuscito a fare. Penso che le opinioni siano largamente simili e allo stesso tempo positive e deludenti. Positive perché ha saputo riprendere per i capelli un paese, che stava annegando. Restituendogli dignità e autorevolezza internazionale.

Deludenti perché questo governo, a cui gli italiani non hanno quasi mai negato nulla, anche quando sono stati chiesti loro i sacrifici più duri, avrebbe dovuto dimostrare più coraggio nel riformare lo Stato. Ha avuto un’occasione d’oro ma non l’ha sfruttata. Salvo quella delle pensioni, le altre sono state tutte riforme mancate. E il treno della fortuna, anche per i governi, non passa mai due volte. In questi giorni tormentati e di disorientamento, alla luce del voto in Sicilia, il presidente Napolitano ha ribadito che le elezioni saranno a primavera e non prima.

CON CIÒ dando al Parlamento tutto il tempo possibile per varare la riforma elettorale. In modo da archiviare il Porcellum e restituire agli elettori la possibilità di scegliere gli eletti, che l’attuale metodo nega, perché lo consente solo alle segreterie dei partiti. Quando sia fallace come metodo ce lo hanno dimostrato tanti parlamentari imbarazzanti, di cui le vicende giudiziarie degli ultimi mesi ci hanno dato ampio resoconto. Allontanare la data delle elezioni, spostandola dall’inverno alla primavera, comporta per il governo Monti un vantaggio e un rischio. Il vantaggio di avere ancora tempo per portare avanti il lavoro iniziato, il rischio di rimanere impantanato in un’inattività, che lo porterà sfinito al giorno del voto.

IL PERICOLO che questo possa accadere non è affatto peregrino, e non è un caso che l’altro ieri il governo sia andato sotto tre volte sia pure su argomentazioni di varia importanza. Negli ultimi tempi Monti è apparso sulle difensive, impegnato nel giudicare la sua esperienza, proteso a spiegare gli sforzi compiuti e i risultati. Con lo sguardo più rivolto all’ieri che al domani. I partiti, nonostante abbiamo pochi motivi per sentirsi in forma, tentano giustamente di rioccupare gli spazi lasciati liberi in un’esperienza di governo che nacque come una parantesi e come tale continua a essere.

FANNO comunque sorridere quei partiti che criticano le innovazioni avviate, bollandole come timide o aborti. Monti nel bene e nel male ha fatto quel che ha fatto in un anno. Loro nei decenni sprecati di cosa possono vantarsi?