IL LATO B di queste elezioni è fortemente minacciato dai partitini, che pare non portino vantaggio ad alcuno, ma anche nessun svantaggio. Non è così. I due big di queste elezioni, Bersani e Berlusconi, temono serie sorprese dal risultato finale, dovute proprio a queste liste, che una volta si sarebbero chiamate di disturbo, ma che in verità sappiamo non essere così, perché in realtà corrispondono a elettorati di nicchia, che hanno i loro buoni motivi per non sentirsi rappresentati dai grandi schieramenti e comunque vogliono esserci e dire la loro, a prescindere dal risultato che otterranno. Parliamo di Ingroia, cui viene attribuito un 4 per cento, e dello stimato Giannino, a cui i sondaggi non concedono che l’1 per cento, quindi alcuna possibilità di rappresentanza parlamentare, il che però non esclude il diritto all’esistenza almeno in questa campagna elettorale. Per quale motivo i piccoli rivendichino la loro diversità è facile da capirsi. Siamo in piena fase di chi le spara più grosse e più sono grossi più le sparano. Perfino il Festival di Sanremo viene indicato come una minaccia per i candidati e magari è vero che gli italiani finiranno con l’ascoltare canzonette invece che le tribune politiche, ma sarebbe il caso si chiedessero loro signori il perché dell’accordata preferenza.

Non parliamo di Grillo, una lista che viene data al 18 per cento non è da considerare tra i piccoli. Certe sparate di Berlusconi e anche di Bersani hanno tolto credibilità anche a precedenti promesse sensate che avevano fatto. Il risultato è stato quello di avere ridato fiato alla protesta, a quella che chiamano l’antipolitica. Coloro i quali anziché rimanere a casa andranno alle urne e voteranno Grillo, lo faranno non perché lo amino, ma perché dà fastidio al Palazzo. Quello a Grillo sì è un vero voto di protesta, chi lo sceglie non sceglie certamente il prossimo presidente del consiglio, ma lo vota perché lui è il Grillo sparlante, che non fa bene allo Stato ma almeno al fegato sì perché scarica bile.

Sono voti differenti quelli che andranno a Ingroia e a Giannino, che è tutto gongolante nel vedere che Berlusconi soffre al pensiero di vedersi rosicchiare i numeri di una rimonta che ha bisogno di tutto, anche di quell’1 o 1,5 per cento in mano a quel giornalista che veste come un signore d’altri tempi, particolarmente popolare a Milano, in Lombardia e nel Veneto. Quali saranno le conseguenze?

Probabilmente questa frammentazione radicalizzerà una tendenza che è in corso e che è quella che tende a indebolire Bersani e a frenare la rimonta di Berlusconi, perché — e in questo caso bisogna includere anche Grillo e Monti oltre che Ingroia e Giannino — tutte queste liste messe insieme inevitabilmente contrastano con il duopolio e fanno crescere le incertezze sul risultato e dunque sullo stato di salute e la longevità della prossima legislatura.

Poi ci sono gli incerti. Per i sondaggisti saranno tantissimi, ma non disperiamo perché ci verrà in soccorso la stocastica familiare, termine scientifico che indica il condizionamento indotto dal voto dei genitori. Dicono che in ’sta stocastica siano decisivi il ricordo del padre e la domanda: papà come voterebbe? Il mio si metterebbe le mani nei capelli e poi il suo partito non c’è più. Più orfano di così.