Stessa spiaggia, stesso mare

Tranquilli, stessa spiaggia stesso mare. Hanno più interesse a stare uniti che a dividersi. La formula del governo Letta, detto pomposamente di larghe intese, si basa su questo semplice calcolo. Ma Letta farebbe bene a non ripetere più quella frase che gli ritorna contro. Quando rassicura che il governo è più forte di quanto non […]

Tranquilli, stessa spiaggia stesso mare. Hanno più interesse a stare uniti che a dividersi. La formula del governo Letta, detto pomposamente di larghe intese, si basa su questo semplice calcolo. Ma Letta farebbe bene a non ripetere più quella frase che gli ritorna contro. Quando rassicura che il governo è più forte di quanto non sembri e non si accorge che è come se dicesse di non essere così debole come sembra, il che non è il massimo della vita. Anche perché a forza di ripeterlo, un giorno o l’altro rischia di scoprire di essere diventato debole come appare.

La verità è che il governo durerà fino a quando Napolitano non avrà cambiato idea, e secondo me non la cambierà, sulla riforma elettorale e senza riforma non si voterà.

Da questo punto di vista il cerino è in mano alla sinistra perché a Berlusconi non passa nemmeno dalla testa mettere in crisi il governo con il rischio di vedersi varare un governo Pd-M5S, che farebbe la peggiore per lui legge elettorale possibile. Dunque al di là delle minacce, non potendo decidere lui se andare o non andare alle elezioni, perché questa rimane materia del Capo dello Stato, è improbabile che di questa fortunata condizione non approfitti Letta per rimanere in una situazione congelata nonostante che dopo la condanna di Berlusconi tutto sembrasse rimesso in discussione.

In realtà il potere rimane in mano al grande vecchio del Quirinale così come nel Pdl il potere rimane in mano al vecchio Cavaliere. Più difficile dire se ci sia un grande vecchio nel Pd che si tortura semmai attorno al dilemma del grande giovane. Ed è inutile che i cortigiani e le cortigiane del Pdl si agitino a sponsorizzare l’erede che succederà al capo, come lo chiama con fine terminologia il giudice napoletano Esposito, che passerà alla storia, ognuno passa alla storia per quel che merita, per aver detto delle motivazioni della sua sentenza: «Non è che tu putiv’ nun sape’ percché eri ‘o capo. Pecché pur u capo potrebbe non sapere, o no?» Un capolavoro della patria del diritto. Così mentre i cortigiani e le cortigiane si gingillavano nel chiedersi chi sarebbe stato il degno erede di tanto monarca, il fu creduto deposto, non ancora sepolto nelle patrie galere, ha tuonato: «L’Imu

non s’ha da pagare!», che è come se avesse citato Don Rodrigo. Godetevi le vacanze chi può. E tranquilli perché come al solito la situazione è grave ma non seria. Sopravviviamo sulle spiagge coperte di naufraghi morti e siamo ancora a discutere perché Letta ha aggiunto un posto a tavola. Pensate forse ci possa turbare vedere che questo governo di largo non ha né le intese né le pretese? Continuiamo perciò beati a ciacolare. Al voto, al voto! Sì sì ma dopo. E quando dopo? Dopo. Ma dopo quando? Dopo dopo. Ma quando dopo? Dopo ma chissà quando.

Ed è subito sera.

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