Chi governa sull’onda dell’ultima campagna stampa è condannato a sbandare. Succede quasi sempre quando i governi perdono colpi e non hanno più le idee chiare. Finora Monti è stato apprezzato perché ha parlato poco. Il miglior metodo è: prima si fa e poi si parla. Il peggiore: prima si parla e poi non si fa.

Negli ultimi tempi anche Monti ha preso il vizio di fare annunci di progetti o decisioni, che rimangono sul tavolo o peggio ancora vengono smentite il giorno dopo. Prendiamo il caso delle intercettazioni e delle scorte. O si è convinti che c’è il Far West nello spionaggio telefonico e allora si dovrà fare qualcosa per mettere un freno a quella che più che una pratica è diventata un’ossessione autoritaria da parte della magistratura (la stampa, mi dispiace per i suoi accusatori, fa il suo dovere, ovvero pubblica le notizie ovvero rende di dominio pubblico quello che i magistrati le passano sottobanco) oppure si pensa sia normale finire in qualche archivio, a prescindere dal fatto tu sia il primo o l’ultimo dei cittadini. Riproporre il problema in termini perentori perché tra gli spiati è finito il Presidente della Repubblica è un elemento di debolezza. Ma finora non ve n’eravate accorti? Dov’eravate, a dormire?

Il caso Ilva è problema maledettamente complicato ma non esiste, se non per debolezza del potere politico, che la magistratura si sostituisca a chi non esercita questo potere e decida da un giorno all’altro di chiudere la più grande fabbrica d’Europa. Per di più in tempi di crisi economica come questi. Se si governa sull’onda delle campagne stampa dobbiamo mettere in conto, appena fatto l’annuncio di limitare le intercettazioni, che i magistrati comincino subito a gridare: no al bavaglio e cose del genere. E volete sapere come finirà? Non se ne farà di nulla.

Lo stesso dicasi per le scorte. Se il problema è legato al caso del Presidente della Camera Fini, che per avere vacanze sicure si ritrova con l’albergo pieno di uomini della scorta, ogni argomento avrà un altrettanto valido controargomento. Il modo peggiore di affrontare la questione è personalizzarla o cercare una soluzione condivisa tra sorveglianti e sorvegliati. E perché mai condivisa? Loro, i potenti, hanno declinato ogni responsabilità nello spreco di uomini e mezzi, dicendo che la responsabilità della loro sicurezza è tutta del Viminale e dunque sia il ministro dell’Interno a decidere come e quando tutelare la loro sicurezza.

Qualcuno, però, dovrà spiegarci perché per proteggere la cancelliera Merkel bastano due agenti e per Fini e i nostri ce ne vuole un esercito. Il problema è semplicissimo, nella nostra esuberante mentalità latina la scorta è diventata uno status symbol, e dunque più è visibile e ingombrante più la Casta se ne compiace. A meno che non si voglia sostenere che ci sono più rischi qui che in Germania o in Usa o in Gran Bretagna.

A memoria l’ultimo nostro «terrorista» è stato il matto di Milano che ha lanciato la statuina del Duomo contro Berlusconi. Discorso pericoloso questo, lo so, ma non infondato. La verità è che lo spreco nelle scorte ha a che fare con la solita gestione disinvolta e facile della cosa pubblica, molto compiacente con il potere. Tanto qualcuno paga. Ci riuscirà Monti a fermare questo andazzo? Sarà più dura di quanto non sembri.