Questa primavera fredda, che pure è uscita dal gelo dell’inverno ma stenta a stabilizzarsi nel tepore della nuova stagione, ben rappresenta quel che stiamo vivendo e che i giornali chiamano: la ripresina. Quando gli studi di varie fonti, tutte accreditate — l’ultimo è il Rapporto della Banca d’Italia — indicano la fine della caduta e una risalita sia pure appena accennata e valutata attorno allo zero virgola, si rimane nel dubbio se crederci o no, ovvero se pensare che quell’impercettibile dato di ripresa abbia i requisiti minimi per attribuirgli un buon significato o non sia piuttosto un elemento consolatario, da cui poco c’è da aspettarci. In realtà più che la sostanza della situazione economica, ma è cambiata anche quella, è cambiata la situazione psicologica, segnata da una disponibilità al consumo, che l’anno scorso non c’era. Ed è vero, sì, che c’è del grottesco, diciamo dell’esagerato, nel domandarci se abbiano un effetto o no sui mercati quegli 80 euro in più che da maggio entreranno negli stipendi di una parte dei redditi, in realtà quel più 80 euro al posto dei soliti meno è un dato enorme per gli impulsi che trasmette in chi finora non ha fatto altro che fare sacrifici tra salari sempre minori e incertezze sempre maggiori.

C’è qualcosa di incoraggiante e allo stesso tempo di frustrante in queste contorsioni statistiche, che hanno il solo senso di indicarci che avremo ancora un mare di problemi prima di dirci al riparo dalla crisi, il che però non dovrà indurci a sottovalutare l’importanza del viaggio compiuto.

Abbiamo avuto e abbiamo esistenze parallele a quelle dei governi che in questi anni neri si sono succeduti, da Monti a Letta e a Renzi. Monti certamente non ha lasciato un buon ricordo ma ha avuto il compito obbligato di avviare la risistemazione dei conti con il passato, e questo compito ha cercato di svolgerlo commettendo errori a volte imperdonabili, altre volte che avevano piena giustificazione.
Anche il governo Letta non ha potuto sottrarsi in primo luogo al lavoro sporco dei tagli e del rigore, sebbene ad un certo punto abbia avuto l’opportunità o il compito in più di incoraggiare la ripresa, che dava flebili segni di ritorno in vita. Ma è rimasto in mezzo al guado, non ha avuto la forza per trovare il coraggio che gli consentisse di prendere e di dare.

Renzi tutto sommato ha avuto finora il più facile compito di guardare avanti, senza preoccuparsi troppo di girarsi indietro. Lo ha fatto talvolta in maniera sbrigativa ma giustificata dall’urgenza di chiudere con un passato cupo per aggrapparsi ad un futuro desiderato sebbene ignoto e tutto da costruire. Ecco dunque la fretta, sebbene con il trascorrere del tempo anche questa urgenza si sia rallentata per dare più tempo al ragionamento.

La produzione industriale ha smesso di scendere, e secondo Confindustria, è a più 0,5 nel primo trimestre di quest’anno. Ma ci sono ancora troppi settori in crisi nera, vedi l’edile. Il punto è di spingere avanti tutti, non solo i più dinamci e i favoriti dall’esportazione ma anche chi è in sofferenza. Avanti tutti e occhio alle gelate. La primavera è fredda ma l’inverno è finito.