Riportare all’ordine

PER QUANTO ottimisti ci si possa dichiarare è difficile immaginare che la nostra politica possa un giorno ricordare la storiella del club londinese con tre signori seduti in poltrona davanti ad una finestra che dà sul Tamigi. La sera è nebbiosa e domina il silenzio, quando ad un tratto si ode lontano il rumore di […]

PER QUANTO ottimisti ci si possa dichiarare è difficile immaginare che la nostra politica possa un giorno ricordare la storiella del club londinese con tre signori seduti in poltrona davanti ad una finestra che dà sul Tamigi. La sera è nebbiosa e domina il silenzio, quando ad un tratto si ode lontano il rumore di un’auto. «Una Jaguar», azzarda sottovoce uno dei tre clubmen. E subito ripiomba il silenzio finché quello a lui vicino con un filo di voce replica: «No, una Ferrari». E la sera ripiomba nel silenzio assoluto fino a quando il terzo spazientito ma con fare misurato si alza e se ne va bisbigliando: «Detesto le polemiche». I nostri politici e tutti quelli che in Italia si occupano di politica non sarebbero mai ammessi a quel club, perché da noi c’è semmai il piacere sistematico e ossessivo di aspettare quel che dice uno per sostenere il contrario. Per questo non arriviamo mai a capo di nulla. Basta seguire il dibattito politico di questi giorni per avere conferma dei veti incrociati che già mettono in dubbio la possibilità per il governo Renzi di varare le riforme, ultima l’uscita della Camusso, che ha avuto da ridire su una, a suo dire, inconcludente ripetitività che intravede nel premier, senza chiedersi di quanta originalità abbia mai dato prova lei.

PER NON parlare della riforma elettorale, che in un primo tempo era stata pensata escludendo il senato! poi ipotizzando la sua sopravvivenza ma con funzioni rinnovate, poi lasciando il senato com’è, poi privilegiando i partiti maggiori, poi non dimenticando i minori, poi guardandosi dagli agguati tesi dai minori ai maggiori, poi cercando di accontentare gli uni e gli altri, ovvero archiviare la riforma. Per ogni idea c’è il suo contrario. Una sorta di incapacità cronica nel guardare lontano e la condanna all’immobilismo con danno per tutti. Non si vede, voglio dire, un progetto di salvezza nazionale, che sia di vantaggio per tutti. Si intravede solo la miope convinzione che il bene degli altri sia il proprio male. Per raggiungere la fine della legislatura, perché questa è la scommessa dell’attuale governo, Renzi dovrà avvalersi della forza dei giovani ma anche della sapienza dei vecchi. Che possono aiutarlo ad evitare le trappole che potrebbero tendergli le alte burocrazie, che vedono in lui una minaccia ai loro privilegi. Così in politica estera dovrà essere più accorto e non sottovalutare il valore della sua immagine, che per ora gli è favorevole e che farà bene a curare perché rimanga tale. Ma la visita a Tunisi, la sua prima uscita all’estero, ci è parsa difettare per organizzazione e ristrettezza di tempi, al punto da apparire poco rispettosa per l’ospite. In altre parole Renzi non dovrà solo sconvolgere un paese che si è avvitato su se stesso ma dovrà allo stesso tempo mettere ordine in uno Stato, che da anni è in mano ai vari poteri, alle sue varie caste burocratiche, che ora serve riportare sotto un ordine controllato.

di Giovanni Morandi