ALTRE volte abbiamo parlato delle somiglianze che ci sono tra l’inizio e la fine del ventennio berlusconiano, in particolare pensando che sia Berlusconi che Renzi sono entrati a Palazzo Chigi a primavera, mese più mese meno, ed entrambi sulla soglia dell’estate hanno la prova del voto europeo.
Per Berlusconi fu una manna, dal 21 per cento alle politiche superò il 30 alle europee e di sicuro anche Renzi si avvantaggerà e darà una grossa spinta al suo partito sull’onda del successo di cui gode. Ma stabilire un automatismo tra i due non si può, perché non poche e non di poco conto sono le diversità, nonostante che i maligni verso Renzi vedano in lui più somiglianze che differenze.
Tanto per cominciare diciamo che Berlusconi era, è e sarà Forza Italia e anche nelle avverse fortune Forza Italia sopravviverà grazie a lui, sebbene non sia detto che gli sopravviverà. Al contrario Renzi non è il Pd, anzi pochi vi vedono affinità, prova ne è il fatto che i sondaggi danno a Renzi un consenso del 52 per cento, del 46 al suo governo e del 32 al suo partito, che è dunque 20 punti più in basso.

POTREMMO dire che Renzi piace nonostante sia del Pd, e infatti questo spiega anche il fatto che una fetta sia pur marginale del suo elettorato calcolato sul 5 per cento provenga dal centrodestra. Ma ci sono altre differenze che inducono il premier a non abbassare la guardia.
Il voto a Berlusconi almeno agli albori era un voto a chi prometteva di rivoluzionare il paese e la sua grande colpa è stata quella di non averlo fatto.

IL VOTO a Renzi invece è di quelli che più modestamente si accontententerebbero che il premier riuscisse a fare alcune riforme. È un voto dunque sottoposto a condizione e a scadenza. Lo scetticismo, le difficoltà, le delusioni hanno ridotto le fila dei devoti per principio in qualunque campo. Semmai ha aperto il varco a coloro che continuano ad ingrossare il movimento di Grillo, che, in maniera che ad alcuni risulta incomprensibile, è al secondo posto dopo il Pd e nelle isole perfino al primo.

ANCHE QUESTO è il voto di quelli che vogliono rivoluzionare tutto ma sono così disperati che gli basta anche sfasciare tutto perché ritengono non ci sia nulla da salvare in questo Stato. La partita sarà tra i riformisti della sinistra che vogliono ricostruire e pensano ci sia la possibilità di farlo e i disperati di Grillo, che non hanno un progetto, stanno dando prova di non reggere ad alcuna battaglia parlamentare ma nonostante ciò continuano ad incamerare consensi tra i caduti nella crisi. Resta buon terzo (o magari secondo?) il partito dei moderati e a far bene i conti tra Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Alfano, messi tutti insieme, hanno gli stessi voti di sempre, nonostante le disgrazie del Cavaliere.
Prova inconfutabile e per lui non lusinghiera che non è poi vero che i moderati esistono perché esista lui ma esistono, come diceva Totò, a prescindere. Prima si chiamavano Dc e arrivarono al 48 per cento.