LO SCONTRO tra Berlusconi e la figlia Barbara con il reintegro di Galliani nel Milan, al di là delle incomprensioni di tipo calcistico, ha qualcosa che ha a che fare con quel che accade in politica. La giovane Barbara dovrà sì ritirarsi in buon ordine perché il potente papà ha deciso in altro modo ma è anche vero che, come l’altra figlia Marina, e in modo ancor più chiaro, perché più aspro e stridente e come si dice oggi non condiviso, Barbara ha posto, sulla scena del “dopo Berlusconi chi?”, la questione del ricambio generazionale. Non tanto dell’ereditarietà, ché quella è cosa privata, ma dell’esaurimento della vecchia generazione o per meglio dire del contrasto tra quella e la nuova, del contrasto tra i diversi modi di pensare, del desiderio di voler voltar pagina e guardare avanti in altro modo da ieri, del voler sganciarsi da un passato che risponde a logiche personali e magari né capite né condivise. Argomenti, presi tutti insieme, che hanno molto a che fare con quel che accade in politica.
C’È UNA grande diversità tra questo 2013 e l’anno, 1994, che segnò il passaggio tra la Prima e la Seconda Repubblica, frontiera segnata dalla cosiddetta discesa in campo di una forte personalità, qual è Silvio Berlusconi. Anche oggi si ha l’impressione che il Paese stia per varcare un confine verso una nuova fase politica ma ciò pare avvenire più per il tramonto della vecchia guardia che per l’emergere di nuovi leader carismatici. La nuova classe dirigente, rispetto a quella passata, pare fondarsi più sulla diversità dei modi collettivi di pensare, e dunque agire e desiderare, che sulla forte definzione dei caratteri e degli individui. Se n’ è avuta una riprova l’altra sera nel confronto televisivo tra i pretendenti alla segreteria del Pd, ovvero Renzi, Cuperlo e Civati. Al di là della modestia dei risultati, causa prevalentemente di uno show troppo ingessato, si avvertiva fra i tre una certa comunanza non solo referibile alla comune appartenenza politica. Renzi, Cuperlo e Civati, nel modo di parlare e anche per quel che pensano, si capisce appartengono ad una stagione nuova, nessuno di loro è minimamente paragonabile, non dico ai grandi capi della sinistra o del Pci, non certo a Berlinguer, Longo, Togliatti ma nemmeno a Nenni o Craxi o a Occhetto o a D’Alema. Nomi che rimandano a scuole, partiti, libri, studi, severità, ideologie tutte anticaglie per i ragazzi del web.

E DUNQUE questi tre, che appartengono alla stessa generazione, non hanno retaggi, non hanno modelli né filosofi né scheletri né rigidità, sono perfetti per intendersi, non sono alternativi semmai complementari e perfino capaci di servire l’uno all’altro.
Allo stesso modo, inevitabilmente, questo passaggio di generazione ci sarà anche nel centrodestra, dove i simpatizzanti continuano a fare Diogene e a cercare dove sia nascosto il nuovo Berlusconi.
Non c’è e lo sanno. E non osano confessare la convinzione che finché Berlusconi avrà fiato e finché qualcuno non gli tapperà la bocca, non consegnerà a nessuno lo scettro del capo. Anche se più che i giudici, non c’è dubbio che il suo vero nemico sarà il tempo e questo, sì davvero, visto che si sta avviando verso gli ottanta, inesorabilmente gli porrà la questione di essere sostituito non solo in politica, non solo negli affari, non solo nella conduzione del Milan.