Vi ricordate Silvio Berlusconi che faceva il comizio d’addio dopo la condanna e piagnucolava e c’era Francesca con Dudù alla finestra che lo guardava come a dire: non ti preoccupare, Silvino, da oggi ci penso io a te? Ve lo ricordate, sì? Scordatevelo. Da ieri Berlusconi è ritornato in campo e da lui e dal capo del partito democratico Matteo Renzi dipenderanno le riforme, che finora nessuno è riuscito a fare e che i due, insieme, proveranno finalmente a condurre in porto. Dal progetto si è autoescluso Grillo e il Movimento a cinque stelle, perché interessati più al tanto peggio tanto meglio, proposito incompatibile con le aspirazioni della gran parte degli italiani.

Quello di ieri è stato un pomeriggio noioso ma storico come ripetevano nelle dirette i giornalisti televisivi in assenza di notizie che avessero a che fare con l’inedita visita del Cavaliere nella sede del Pd. Noioso perché è stato un vertice che è cominciato bene, ovvero senza immagini forti e incidenti significativi che avrebbero potuto turbarlo, e finito meglio con un Renzi, che bontà sua (gli auguriamo di non cambiare) è rimasto un ragazzo di provincia, che la notte ama tornare a casa per cui ha riassunto i contenuti dello “storico” incontro appena concluso con una raccomandazione fondamentale alla stampa: «Non mi fate far tardi perché perdo il treno».

Immaginate l’avesse detto Churchill dopo Yalta, un grande. E in quei cinque minuti che si è dato, come se dovesse scrivere un messaggio per twitter, ha buttato là una manciata di parole, che in pratica significano questo: tra il Pd e Forza Italia è stata trovata una «profonda sintonia» su come rovesciare questo Paese allo sbando e che ha bisogno di essere rovesciato, a cominciare dallo stop agli sprechi, ai milioni buttati via nei rimborsi spese e ai bilanci grassi delle regioni per finire alla chiusura di quel doppione che è il Senato trasformandolo in un’assemblea delle autonomie locali ma senza elezioni dirette e senza indennità, tanto per intenderci. Bisogna dire però, ed è bene non dimenticarlo, che siamo ancora alle intenzioni, ma se questi sono gli obiettivi, viva lo scandaletto da nulla che ha condotto il Cavaliere a varcare la soglia della sede del partito della sinistra. E poi c’è il punto più importante, la riforma elettorale secondo quello che potremmo definire il modello spagnolo corretto ma nemmeno più di tanto.
Ovvero un sistema elettorale che assicuri la governabilità con un premio di maggioranza, che favorisca il sistema bipolare sottratto ai ricatti dei partitini.
Il pregio della sinteticissima sintesi di Renzi sul vertice con Berlusconi è stato quello di non essersi nascosto dietro rigiri di parole. Renzi è stato diretto, come al solito. Con la stessa energia dovrà affrontare da oggi quelli che tenteranno di smontare l’intesa. E poi si vada a votare, perché c’è bisogno di un governo. Oggi non c’è.