Proviamo a ricominciare

Ai tempi di Tangentopoli finivano in galera per molto meno. Ora invece di portarli al Comando carabinieri di via Moscova, dove sfilavano i papaveri della Prima Repubblica, si fanno accompagnare dall’avvocato negli studi televisivi della Rai in viale Mazzini. E finiscono in tv, penso a Fiorito, nome più improprio non poteva avere, non per scusarsi del […]

Ai tempi di Tangentopoli finivano in galera per molto meno. Ora invece di portarli al Comando carabinieri di via Moscova, dove sfilavano i papaveri della Prima Repubblica, si fanno accompagnare dall’avvocato negli studi televisivi della Rai in viale Mazzini. E finiscono in tv, penso a Fiorito, nome più improprio non poteva avere, non per scusarsi del saccheggio commesso ma per accusare, gridare, sbraitare. Che tristezza. Non è rimasto più alcun residuo di rabbia, di voglia di rivolta, c’è solo sgomento. Incredulità. Ci sono famiglie, molte più di quanto si immagini, che devono campare con 800 euro al mese e questi qui, i signori dei consigli regionali, si confidano tra di loro, come abbiamo riferito ieri, di avere “un tremendo bisogno di Suv”.

Il danno maggiore procurato da Tangentopoli è stato quello di avere annientato una classe politica vera e consentito l’accesso non alle seconde file, magari fossero state le seconde!, a quelle dopo le ultime. A ragazzotte di bell’aspetto più preparate a fare le veline che a occuparsi di politica o a marpioni interessati solo a mettere le mani sul bottino. Chi ci credette, a quell’epoca, si aspettava ingenuamente venisse riformato lo Stato, rendendolo meno burocratico e meno asfissiante dunque con più libertà e meno costi per i cittadini.

Invece è stata una truffa: è accaduto esattamente il contrario. La burocrazia ha prodotto altra burocrazia al solo scopo di moltiplicare centri di potere per convogliare fiumi di denaro e spremerci ancora di più. Come si può pensare che un governo possa risanare i conti pubblici consentendo che cresca il saccheggio? La situazione è giunta ad un punto tale, che non si può pensare di affrontarla con tatticismi per resistere un minuto in più alla pressione mediatica, in modo da far passare la bufera e poi riprendere a fare tutto come prima. In questo modo, e con la sfrontatezza che ha lasciato tutto intatto nella Regione Lazio, non si va da nessuna parte. Si salveranno forse gli scrocconi, ma non le istituzioni e i partiti, sempre che siano in grado di sopravvivere. 

Del resto questa è la conclusione che portò alla cancellazione dell’idea di partito, perché considerato un incomodo intralcio. Ed è da questa opinione che siamo arrivati ai baccanali, perché mancando la base su cui poggiare un ideale, consentendo che la politica venisse intesa solo come mezzo per arricchirsi, si sono aperte le porte ad una masnada di plebaglia incolta e volgare senza competenze. Poi non si dica che queste sono generalizzazioni, perché qualcuno deve pur dirci perché questi personaggi finiscono sempre in situazioni in cui domina il cattivo gusto, la bassezza, la cafoneria. Questo oltre che una valenza morale ha un costo economico.

Lo Stato oggi ci costa 800 miliardi l’anno e, di questi, 180 miliardi vanno alle Regioni. Compresi gli scontrini dei supermercati dove i consiglieri regionali vanno a fare le spese di casa pagando con il denaro pubblico. Se è questa la Seconda Repubblica, e ormai l’abbiamo capito che è questa, mandiamoli tutti a casa o in galera e proviamo a ricominciare daccapo. Proviamo con la Terza.

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