Un Paese come il nostro, dove si sono succeduti troppi governi di Thamsanqa Jantjie, poco importa sapere se il taglio al finanziamento dei partiti sia merito del periclitante Letta o dell’esuberante Renzi.
Thamsanqa Jantjie è quel signore che al funerale di Mandela faceva finta di fare l’interprete per sordomuti, in realtà gesticolava senza fare nulla di utile. Di governi così, che hanno fatto vento all’aria, noi ne abbiamo avuti a dozzine e dunque vedere che invece c’è anche qualcuno che fa qualcosa di vero ci porta a due conclusioni.
La prima è di avere avuto ragione nel pensare che non ci sono cose facili o difficili ma solo cose che si vogliono fare o cose che non si vogliono fare. Infatti quando hanno voluto farle (quattro giorni dopo la vittoria di Renzi) ci sono riusciti benissimo. La seconda è che siamo talmente scoraggiati da aver perfino paura di pensare che si possa essere aperta una nuova fase.

Tanto ci sembra improbabile, tanto ci sembra inebriante il solo pensarlo. E se anche fosse che il merito del taglio al finanziamento dei partiti fosse interamente da attribuire a Letta, viene da dubitare che lo stesso risultato si sarebbe raggiunto se non ci fosse stata la fragorosa vittoria di Renzi nel Pd. Di sicuro abbiamo constatato che la vittoria personale di Renzi coincide anche con un cambio generazionale, che sarà irreversibile, e anche questa è una buona notizia. Non foss’altro per la possibilità che ci sia anche
un cambio di passo tra la constatazione e la risoluzione.

Siamo in una fase emergenziale in cui il «fate presto» è condizione del risultato. Quante volte lo abbiamo detto ma ora ne sono testimonianza le ribellioni della plebe forconiana, che abbiamo temuto incontrollabile anche se poi abbiamo visto che almeno nel nord il livello bassissimo del suo messaggio politico fa da spartiacque tra i forconi e il resto degli italiani. Ma solo perché anche quelli che non ce la fanno più non sono disposti a farsi rappresentare da impresentabili. Ecco, potremmo concludere che allo spazio politico rimane ancora un margine di dignità, un piccolo spazio, l’ultimo non ancora travolto dalla crisi ed è questo lo spazio vitale che ancora resta a disposizione della
politica.

Queste brevi notazioni sono sufficienti ad inquadrare quel che va fatto e non ci serve altro, di certo non ci servono i sondaggi che ci dicono chi è in vantaggio. La sensazione è che si sia imboccata la strada del cambiamento, che il governo pare abbia capito che deve uscire dal grigiore plumbeo in cui è, che Renzi fa bene anche a chi non lo vuole.