CHE sbadati, ci siamo dimenticati dei figli, eravamo tanto presi dal lavoro, quando c’era e siamo tanto presi dal lavoro da quando non c’è che né allora né ora ci siamo ricordati dei figli, con tutte le cose che ho da fare come posso permettermi di avere un figlio o se ce l’ho come posso pensare a lui, con il lavoro che non ho non posso permettermi di avere un figlio o sono troppo preoccupato per pensare a quello che ho. Così siamo diventati un paese di vecchi, che non avendo figli o avendone ma troppo presi dal lavoro, che hanno o che non hanno, si devono affidare a disinteressate badanti. Non ho mai dimenticato la lezione di Musha, un beduino di vent’anni che mi faceva da autista nella guerra del Golfo. Una mattina mi informò che aspettava il terzo figlio e io con tono di rimprovero gli chiesi come avrebbe fatto a mantenere una famiglia tanto numerosa. Mi rispose: ci penserà Dio. E aveva ragione. Invece noi pensiamo che prima di nascere debbano avere il conto in banca, che debbano andare alla scuola privata magari all’estero perché di quella italiana non se ne parla proprio, e alla fine ci accorgiamo che le condizioni superano le possibilità. Per questo abbiamo smesso di farli.
LA POLITICA ha fatto il resto sui figli e il loro mondo, distruggendo non solo la reputazione degli insegnanti ma anche i muri delle scuole, dove i nostri figli dovrebbero crescere. Abbiamo umiliato una categoria di persone che ovunque gode rispetto, i professori appunto e credo che in genere li abbiamo bollati come pericolosi eversori, tanto che se si azzardano a sequestrare il cellulare al pupo, lo facciamo subito accompagnare dall’avvocato.

COMUNQUE qualunque cosa dicano i professori, che non abbia la men che minima parvenza dell’adulazione, la cretineria genitoriale la bolla come un’ingiustizia falsa e contestabile. Ci siamo dimenticati, per logica conseguenza, delle scuole, quelle pubbliche, perché quelle private per principio sono perfette mentre quelle pubbliche per principio sono ambientacci da evitare. Mi ricordo come uno dei giorni più belli della mia infanzia la domenica in cui fu inaugurata la mia nuova scuola media Don Facibeni alla presenza del sindaco Giorgio La Pira. Uno che credeva nelle cose impossibili, nelle utopie, infatti, quando l’Italia era povera, riuscì a costruire tante scuole come la mia che era bella, moderna e con i banchini in fòrmica color verde chiaro. Oggi è diventata un ammasso di lamiere, un fortino di bandiere rosse e scritte arrabbiate, credo sia sede di un centro sociale.

CI DICONO che mandiamo i nostri figli in scuole, che per metà cadono a pezzi e per un’altra parte pericolose per la presenza di amianto. Se non è follia questa cos’è? Mandare i figli in luoghi fatiscenti e perfino a rischio è il primo modo per indurli a sospettare che non ci interessa il loro futuro. Noi eravamo orgogliosi delle nostre nuove scuole, loro hanno il diritto di sentirsi trascurati. Abbiamo sbagliato tutto. Fermiamoci e ricominciamo daccapo.