Per una volta la notte potrà essere stata anche rosa ma i giorni continuano ad essere neri. E ci consola il giusto sapere che la prima rata dell’ Imu è andata a buon segno, perché se lo Stato ha motivo di rallegrarsi non altrettato possono dire i cittadini che hanno pagato. Che poi si siano messi le mani in tasca per assolvere al dovere di contribuenti e abbiano perfino trovato il denaro richiesto non può indurre a conclusioni fuorvianti su ipotetiche disponibilità sommerse. La spiegazione è semplice. Quel che i cittadini hanno pagato all’Imu verrà sottratto ad altre spese, che saranno rinviate o cancellate. Le vacanze saranno più brevi ed economiche, quei previsti lavori in casa per ora non si faranno e gli abiti e le scarpe vanno bene quelle che abbiamo. E’ fin troppo facile capire perché le famiglie abbiano riscoperto la tradizione degli spaghetti che sono buoni e costano meno della bistecca e presto ci accorgeremo che i saldi non invertiranno la tendenza al ribasso dei consumi. E’ inevitabile chiedersi se la salute fisica dello Stato e la felicità del governo coincidano con quelle dei cittadini o non siano piuttosto se non alternative e opposte quanto meno valutabili con metri diversi.

E’ una vecchia questione ma è un problema al quale non potrà sfuggire Monti, sia pure nella brevità del mandato che gli resta e che non va oltre dieci mesi al massimo. E’ vero che il risamento è inevitabile e del resto non riguarda solo l’Italia e bisogna pur riconoscere a questo governo tecnico (ormai tutto è tecnico e auguri a Blasco, che si è rassegnato al matrimonio tecnico) un coraggio e una determinazione, di cui a momenti abbiamo dubitato. Ma è altrettanto vero che i tempi lunghi del processo di ristrutturazione dello Stato e della lotta al debito pubblico vanno considerati un prezzo politico con il quale non solo Monti ma anche chi verrà dopo dovrà fare i conti. Voglio dire che sono già state sperimentate e pagate care politiche che rinviavano a radiosi nuovi orizzonti una felicità sempre annunciata ma mai goduta, alla quale sono state sacrificate vite di generazioni illuse o costrette a crederci. Che si sono consumate nella speranza di poter almeno consentire ai figli di accedere ad un progresso e ad un benessere rimasti irrangiungibili dai padri. ù

E’ vero che non bisogna perdere il senso delle proporzioni e che stiamo vivendo in un’economia di guerra solo da pochi mesi, che però sono durissimi da sopportare e ancora più pesanti perché non riusciamo a intravedere un’ uscita e tanto più pesanti perché a subirne gli effetti sono soprattutto i giovani, le cui aspettative anziché migliorare peggiorano. Che lo Stato possa sottrarsi alla catastrofe è questione che sta a cuore a tutti ma altrettanto importante è la questione della qualità della vita degli individui, che deve interessare più di ogni altro argomento. Passata la manovra di contenimento del debito pubblico e la spending review il governo dovrà occuparsi della riduzione delle tasse, senza la quale non ci sarà ripresa, senza la quale il paese non potrà ripartire. Senza la quale non si potrà tornare ad avere una vita normale.