Non fate casino

OBIETTIVAMENTE non sembra che l’invito rivolto dal Papa ai giovani sudamericani perché si impegnino a fare “casino” sia utile anche per la nostra classe politica, che di casino ne fa già abbastanza. Sebbene quello indicato dal Papa fosse una sollecitazione ad agire da stimolo ad una Chiesa immobile e conformista mentre quello che fa la […]

OBIETTIVAMENTE non sembra che l’invito rivolto dal Papa ai giovani sudamericani perché si impegnino a fare “casino” sia utile anche per la nostra classe politica, che di casino ne fa già abbastanza. Sebbene quello indicato dal Papa fosse una sollecitazione ad agire da stimolo ad una Chiesa immobile e conformista mentre quello che fa la nostra classe politica è solo un inconcludente razzolare tra i problemi senza mai risolverne uno. Da quanto tempo parliamo dell’abolizione delle province? Enti che ogni anno ci costano una montagna di milioni. Bene, ne parliamo da 40 anni, da quando vennero istituite le regioni e giustamente ci si chiese: a questo punto a che servono le province? Sono ancora lì, morte e vegete, a mangiare soldi, protette dalla norma costituzione che le rende inaffondabili. E da una classe politica che le vuole abolire a giorni alterni e in ogni caso senza crederci. Insomma se in Italia non è possibile abolire nemmeno le strainutili province, che non è un problema serio — al massimo come s’è rassegnato a fare il governo Letta potremo “svuotarle” — abbiamo pur diritto a concederci un sano pessimismo sulla possibilità di risolvere i problemi seri.

POI C’È il 30 luglio, che per il resto del mondo è solo un martedì ma per Berlusconi e il governo Letta è il giorno del giudizio nel senso che la Cassazione si pronuncerà sulla condanna al Cavaliere per i diritti Mediaset, e se dovesse confermare la condanna, per lui si aprirebbero le porte del carcere, sia pure sotto forma di arresti domiciliari. Epilogo che avrebbe inevitabili ripercussioni sul governo. Svolta drammatica non solo per Forza Italia o Popolo delle libertà, chiamatelo come vi pare tanto è la solita cosa, ma anche per il Pd, che continua a gingillarsi su come fare le elezioni primarie, senza che ci sia qualcuno capace di gridargli nelle orecchie: machissenefrega! E dunque ammesso che si distraggano dal problema epocale del come votare per incastrare Renzi, anche loro dovranno porsi il problema del che fare di questo governo di larghe intese, che li porrebbe nell’imbarazzante posizione di rimanere alleati al partito il cui leader se non finirà in galera poco ci mancherà.

IN TUTTO questo bel “lio”, come direbbe in spagnolo Papa Francesco, c’è la piccola questione che ha a che fare con la democrazia e che si riferisce al fatto che stando a sondaggi più recenti quel partito guidato da un signore che sta per andare in galera è tornato ad essere il primo partito in Italia, avendo sorpassato il Pd, una posizione di testa che si ha fortemente motivo di dubitare possa essere perduta per effetto della sentenza.

Infine la leadership. Si può continuare ad essere un capo stando dietro le sbarre, sia pure metaforiche? La storia ci dice che si può eccome, anzi spesso la detenzione moltiplica il consenso. Ci sono stati grandi italiani che dal carcere hanno continuato a guidare le masse che in loro si riconoscevano. Non starò ad indicarli per evitare confronti e analogie che risulterebbero imbarazzanti per quelli che hanno sempre pensato che l’avversario è un nemico da eliminare.