Natale elettorale

LA CAMPAGNA elettorale, con procedura inconsueta, è cominciata all’insegna del mutismo di Monti, che ha scelto il silenzio per rispondere alle insistenti domande sulle sue intenzioni. Che sia cominciata la campagna elettorale non è una libera interpretazione ma una constatazione indicata dal calendario: mancano 63 giorni al 17 febbraio, data scelta per le elezioni, e […]

LA CAMPAGNA elettorale, con procedura inconsueta, è cominciata all’insegna del mutismo di Monti, che ha scelto il silenzio per rispondere alle insistenti domande sulle sue intenzioni.

Che sia cominciata la campagna elettorale non è una libera interpretazione ma una constatazione indicata dal calendario: mancano 63 giorni al 17 febbraio, data scelta per le elezioni, e poiché la legge fissa in 45 giorni il periodo che precede il voto è facile concludere che dopo la Befana saremo in piena campagna. Si aggiunga che entro la fine della settimana, ovvero venerdì 21, dovremmo avere la legge di stabilità, cui seguiranno, come annunciato, le dimissioni di Monti e lo scioglimento delle sue riserve.

Nulla però va dato per scontato, anche perché sarà bene non dimenticare la lezione del passato che ci ha insegnato che non esistono gli uomini della Provvidenza, e se dicono di esistere ora sappiamo che bleffano, dunque alla larga.

Così come quelli che promettono i miracoli e storie del genere. In politica non ci sono né miracoli né Provvidenza ma solo duro lavoro, capacità di intuire e abilità nel prevenire le mosse dell’avversario.

PER QUESTE ragioni solo per pochi giorni Bersani ha gustato il sapore della vittoria certa, dopo aver prevalso alle primarie. Con una destra allo sbando era dato per scontato fosse il prossimo premier. Ma è bastato il vertice europeo del Ppe, che ha chiesto a Monti di restare, per riportare tutto al punto di partenza. È evidente, l’abbiamo già detto nei giorni scorsi, che un candidato come Monti, che gode del sostegno non solo del maggior partito europeo, i popolari, ma perfino dei socialisti francesi e di Obama e della Chiesa, parrebbe improbabile vederlo perdente. Monti non ha alcun impedimento nel presentarsi come candidato alle elezioni, ma alcune opportunità gli suggeriscono prudenza nel decidere di affrontare la durezza di uno scontro nel quale l’avversario sarebbe Bersani visto il flop del tentativo di ritorno di Berlusconi. A pensarci bene Monti farebbe bene a evitare scelte tartufesche, che potrebbero ricordare le convergenze parallele.

MEGLIO che non scelga nì e meglio si decida tra un esplicito no e un esplicito sì. Deve decidere se ritirarsi dalla politica e considerare definitivamente conclusa l’esperienza del governo dei professori o accettare di portare a termine la sua mutazione politica e candidarsi. Non può pretendere di ripetere il film tornando alla guida del governo senza essere passato dalla prova delle urne. È un film già visto e può essere accettato solo una volta non due, pena l’umiliazione delle regole della democrazia. Perciò non è possibile un Monti bis. Semmai un Monti due. Ovvero un governo guidato da una coalizione, che in lui si riconoscesse e alla testa della quale sarebbe disposto a porsi per chiedere agli elettori l’autorizazione a restare a Palazzo Chigi. Non ci sono uomini della Provvidenza e nemmeno lui lo è. Ci sono solo eletti o non eletti, vincitori o vinti. Dura lex sed lex.