Nessuno può sapere quale sarà il risultato di queste elezioni ma qualunque esso sia nessuno, lunedì sera, potrà parlare di risultato imprevedibile. Da mesi, anni l’elettorato manda segnali, sia pure misurati rispetto alla gravità del problemi, segnali facilmente decifrabili, segnali che vanno in due direzioni, o in quella della continuità e del riformismo graduale, nella convinzione che ogni altra scelta possa rivelarsi un passo nel buio, o in quella della protesta che nasce dalla sfiducia che il sistema sia capace di riformarsi da solo.
Sono due tendenze diametralmente opposte e che però nascono da un unico punto di partenza, l’insoddisfazione e la preoccupazione. Come finirà? Nessuno lo sa, ma tutti sappiamo bene in quale clima si sono aperti i seggi elettorali stamani. Non credo mi sia mai capitato di essere testimone di un voto avvolto in tanti dubbi, in tanta incertezza, quella di chi è chiamato a scegliere il partito a cui affidare le proprie residue speranze. Sono certo che tanti entreranno in cabina quasi senza saperlo, potremmo forse dire, mutuando un termine coniato per i voli e non per voti, che sarà un voto last minute. Deciso all’ultimo minuto, non è dato sapere se con la testa o con la pancia.

I dubbi che lo accompagnano sono almeno pari all’ aspettativa che il nostro paese possa ritrovare normalità e tranquillità. Che sono comunque richieste non esagerate. A questa speranza va ricondotto l’evidente risveglio di interesse per la politica, che si è riacceso proprio nel momento in cui massimo era il discredito della medesima, come se gli italiani si fossero stancati di assistere passivamente a scandali e inettitudine. In certi casi questa reazione attiva è stata superficialmente definita antipolitica, non cogliendo il significato profondo del malessere che l’originava. Anche questi aspetti avranno il loro peso sul risultato così come lo avrà la speranza di vedere ridotto il carico fiscale, promessa valutata, purché non in forme esagerate, possibile e auspicabile. Fatto sta che andremo a votare con atteggiamenti, come si diceva, diversi se non opposti, uno che fa perno sulla protesta e l’altro sulla convinzione di poter correggere la rotta di governo fin qui seguita, e tale aspettativa riguarda anche gli elettori che confermeranno la fiducia al premier uscente.

Si ha la percezione che saranno elezioni importanti, di quelle che segnano una svolta o che vorrebbero segnarla. Per paradosso, anche in questo caso, potrebbero rivelarsi al contrario elezioni inutili, che lasceranno l’Italia in mezzo al guado in attesa di una nuova consultazione, perché quella che stiamo per affrontare non raggiungerà risultati tali da assicurarci una maggioranza capace, coesa e credibile. In ogni modo sarà un voto con la voglia di cambiare. Non mancheranno gli sfiduciati e coloro che si asterranno perché troppo delusi ma tanti alla fine, sia pure senza illusioni, vorranno esserci.
In altre occasioni ci hanno invitato a votare turandoci il naso. Continuo a credere che sia invece un buon metodo usare sia i sensi, compreso l’olfatto, che la ragione.