Nel Natale di vent’anni fa finiva il comunismo. Strano giorno per morire. Finiva il comunismo sovietico ma la Russia era la patria mondiale del comunismo e dunque fu come fosse finito ovunque. Anche se da qualche parte c’era ancora. Per una parte dell’umanità fu una liberazione per un’altra la fine di un sogno. Eravamo cresciuti all’ombra dei muri. Che erano un limite ma anche una protezione. Quando caddero ci ritrovammo senza confini e pensammo fosse un segno di libertà.

Imparammo ad usare una parola, che ci sembrava mistica: globalizzazione, voleva dire che il mondo era diventato piccolo e che nel momento in cui era finita l’ideologia che pretendeva di rendere uguali gli uomini, proprio da quel giorno in poi eravamo diventati davvero uguali. Anche troppo, anzi sicuramente troppo. E cominciammo a guardare con timore quelli che avevamo fino allora considerato diversi e cominciammo a temerli proprio perché erano diventati uguali a noi o volevano diventarlo e chiedevano di entrare a casa nostra e di vivere insieme con noi.

Caddero i muri delle frontiere e ci sembrò bello, sicuramente nuovo. Era come se l’umanità avesse cambiato indirizzo e si fosse trasferita in un luogo diverso dell’universo. C’era ansia ma c’era soprattutto sollievo. La quiete però durò poco. Su quelle terre e su quei mari diventati liberi cominciarono a migrare popoli che fuggivano dalla loro storia, spinti dalla volontà di trovarne un’altra. Volevano essere uguali a quelli che erano diversi da loro, volevano essere come quelli che nella loro fantasia avevano tutto mentre loro erano sempre vissuti senza avere niente.

Così si diffusero mali come il razzismo e l’ingiustizia sociale che allontana chi ha da chi chiede. E anche chi ha si è poi trovato sotto le frustrate di un domatore, che ancora detta le regole del vivere ma che forse è destinato ad essere cambiato o magari, chissà, cacciato, il domatore che conduce il gioco del denaro e lo fa correre da una parte all’altra, lo fa balzare, apparire o sparire a prescindere dalle volontà di trattenerlo.

Nuovi mali rimpiazzano i vecchi e il constatarlo ci ricorda che la storia continua e che non è arrivata alla felice destinazione finale come ci eravamo illusi quella sera di vent’anni fa, quando camminando sotto il nevischio gelido di Mosca vidi finire il comunismo e sparire dal Cremlino la bandiera rossa.