AMMESSO che inglesi e italiani si fossero accordati per non escludere alcuna opzione, includendo dunque anche quella militare, anzi probabilmente dandole la priorità, un attimo di riflessione conviene prenderlo per valutare se questa scelta sia da ritenere valida o non piuttosto un errore e una causa di amari pentimenti. Certamente dai tempi dei numerosi sequestri in Iraq è cambiato l’approccio verso il problema della liberazione degli ostaggi. Ed è il caso di ricordare le polemiche che il negoziato suscitava ogni volta che veniva liberato un ostaggio, perché una buona parte dell’opinione pubblica riteneva non fosse giusto far pagare alla comunità il prezzo di rischi a volte non calcolati con sufficiente avvedutezza. Come nel caso dei turisti appassionati di vacanze in luoghi a rischio terrorismo o banditismo. Da allora c’è stato un cambiamento ed è pretestuoso non ammetterlo, come pretestuoso è leggere gli ultimi episodi, quello degli ostaggi uccisi in Nigeria e quello dei due marò, in chiave di politica interna ovvero come segni di debolezza del governo. Ma questo è un vecchio vizio del nostro provincialismo e dello sciacallaggio politico.

 

DI SICURO queste linee di condotta, che hanno a che fare con la sicurezza nazionale ovvero con la lotta al terrorismo, non cambiano repentinamente da un governo a un altro, ma fanno parte di quei bagagli strategici di cui sono custodi i servizi segreti e verso i quali i vari governi, anche di colore diverso, si pongono senza pretese di discontinuità. Quindi la riflessione va fatta sulla scelta di includere l’opzione militare, che è una preferenza sicuramente anglosassone ma alla quale anche noi alla fine ci siamo adeguati. La prova che così è sta nel fatto che se noi avessimo battuto la pista del negoziato avremmo denunciato che l’avventato blitz aveva fatto fallire la trattativa e invece nessuno ha detto una cosa del genere, segno che probabilmente non era in corso alcuna credibile alternativa all’opzione militare.

SE C’È STATA una condivisione tra Italia e Gran Bretagna, altrettanto possiamo dire che non c’è stato alcun ragionevole preavviso quando gli inglesi hanno deciso il blitz, adducendo poi fragili spiegazioni, a cominciare da quella secondo cui i due ostaggi stavano per essere venduti a un altro gruppo.
La scelta della prova di forza è sempre ad alto rischio come sanno gli israeliani che di queste cose se ne intendono e infatti quando hanno dovuto riportare a casa un loro soldato che era stato fatto prigioniero dai palestinesi, si sono ben guardati dal tentare colpi di mano, si sono seduti a un tavolo e hanno negoziato uno scambio di prigionieri. Senza porsi, una volta tanto, problemi di risolutezza e dimostrando anzi che quando è in gioco la vita di un soldato, anche uno solo, lo Stato deve fare il possibile e l’impossibile per salvarlo.
NOI ITALIANI poi abbiamo alle spalle storie tragiche, come gli Anni di piombo e il sequestro Moro, che ci dicono, se qualcuno lo avesse scordato, che la fermezza spesso rischia di essere l’equivalente di una sentenza di morte per l’ostaggio. A meno che non si voglia che questa sia la conclusione.