Italiani, ma non troppo

Va bene fare i tedeschi ma senza esagerare. Non fino al punto di far decidere a Berlino quel che deve fare Roma, come ha raccontato il Wall Streel Journal pettegolando su una presunta richiesta della signora Merkel al presidente Napolitano di far cadere il governo Berlusconi, che non le piaceva. Così un anno cominciato all’insegna […]

Va bene fare i tedeschi ma senza esagerare. Non fino al punto di far decidere a Berlino quel che deve fare Roma, come ha raccontato il Wall Streel Journal pettegolando su una presunta richiesta della signora Merkel al presidente Napolitano di far cadere il governo Berlusconi, che non le piaceva.

Così un anno cominciato all’insegna degli eccessi orgiastici tipici del più classico tardo impero è finito, sotto i colpi dell’euro nel ruolo di Alarico, nell’austerità monastica di un governo di tecnici italiani che sembrano tedeschi.

Tra la manovra SalvaItalia e la seconda fase, che si occupa di come far ripartire il Paese (CresciItalia) c’è di mezzo, oltre alle misure sulle nuove regole per ora solo accennate, la questione di come costruire la ripresa. Non bastano infatti nuove regole e stili, ci vuole soprattutto fiducia in noi e nella nostra capacità di vincere.

In pochi mesi, diciamo pure negli ultimi due, con tutte le esagerazioni di cui sono capaci politica e media, siamo passati dall’essere un Paese impresentabile che aveva l’economia più pericolosa del mondo, come titolò in copertina il Time, al Paese da cui dipendono le sorti dell’Europa e perfino del mondo occidentale.

Così per un bizzarro paradosso, da quando ci comportiamo da periferici germani siamo tornati ad essere centrali romani della caput mundi. Il fatto è che in tutto questo capovolgimento di ruoli c’è del vero, nel senso che è vero che eravano come eravamo, quando eravamo diversi da ora, così come è vero che siamo diventati quel che effettivamente siamo, ovvero da sfrenati gaudenti in poco tempo ci siamo trasformati in morigerati sapienti. Sfido anche chi avrebbe potuto prevedere che l’ex imperatore sarebbe diventato quell’alleato fedele e leale di colui che gli sottratto la poltrona.

Dice Monti di non saper spiegarsi la popolarità che nonostante tutto lo segue, dal momento che ritiene che per quel che ha fatto in termini di misure fiscali meriterebbe ben altre accoglienze. Ma è proprio questo stupore la misura del cambiamento, a cui il Paese ha saputo adattarsi, al punto da meritarsi un titolo che ancora non gli è stato attribuito: Brava Italia.

Monti rappresenta l’immagine del rigore e della severità che ci servono come costume al pari della leggerezza e dell’ironia sofisticata, che va brandita come arma, sapendo che ci aspetta l’osservanza della regola ma ci salverà se non la sua violazione, il suo superamento. Ecco perché tedeschi sì ma senza esagerare. Sarebbe bello valesse quella pubblicità della Ferrari ai tempi di Niki Lauda: tecnologia italiana e fantasia tedesca. Ma è probabile che per risollevarci anche la fantasia debba essere nostra. E dunque facciamo pure gli italiani, ma non troppo.

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