Invece io spero che cantino le sue canzoni

LA PREDICA fatta alla vigilia del funerale di Lucio Dalla, con la quale la Cei ha invitato a non cantare le sue canzoni durante il funerale, non l’ho capita, e mi sembra irrispettosa verso quanti piangono Dalla, perché di loro si dice che sono espressione di una «retorica della pietà a distanza». Ci vuole forse […]

LA PREDICA fatta alla vigilia del funerale di Lucio Dalla, con la quale la Cei ha invitato a non cantare le sue canzoni durante il funerale, non l’ho capita, e mi sembra irrispettosa verso quanti piangono Dalla, perché di loro si dice che sono espressione di una «retorica della pietà a distanza». Ci vuole forse l’imprimatur anche per il dolore?

riego, ilcarlino.it

Risponde Giovanni Morandi, direttore Qn e il Resto del Carlino

PERSONALMENTE mi auguro che gli amici di Lucio che oggi si ritroveranno in Piazza Maggiore cantino le sue canzoni e se dovesse accadere, qualcosa mi dice che accadrà, sono certo che vedrò, ci sarò anch’io, volti rigati di lacrime vere, che non avranno bisogno di autorizzazioni per capirle come segni di un dolore autentico. La musica è la lingua perfetta che Dio ci ha donato, a compensazione di quella imperfetta che ci ha reso divisi e spesso invisi. Usare il linguaggio della musica sarà un modo per scoprirci uniti perché sa parlare al cuore e del cuore più di ogni altro verbo. E questo lo dico pensando alla piazza che è il luogo dei sentimenti, delle passioni e della parola degli uomini. Per quella di Dio invece ci sono i templi e i templi hanno un loro rito, che ha le sue regole e va rispettato.

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