Il toscanaccio e il toscanino

ORMAI è diventato un duello rusticano che si ripete ogni giorno, da una parte il sindaco Renzi che punzecchia o fa battutacce all’indirizzo di Letta dall’altro il premier che cerca di mantenere un certo autocontrollo senza rinunciare alla tentazione di replicare, fino a risfoderare gli antichi campanilismi tra i fiorentini come Renzi e i pisani […]

ORMAI è diventato un duello rusticano che si ripete ogni giorno, da una parte il sindaco Renzi che punzecchia o fa battutacce all’indirizzo di Letta dall’altro il premier che cerca di mantenere un certo autocontrollo senza rinunciare alla tentazione di replicare, fino a risfoderare gli antichi campanilismi tra i fiorentini come Renzi e i pisani come lui, definendo Pisa città della “Toscana buona”. E infatti quelli di quella cattiva dicono: “Meglio un morto in casa che un pisano all’uscio”.

Un duello rusticano che è il classico spettacolo di autodistruzione di cui la sinistra è maestra, un classico che ci conferma ancora una volta, e lo abbiano imparato da tempo, che il peggior avversario della sinistra è la sinistra stessa. Con l’aggravante derivata dallo scioglimento del partito comunista, che almeno aveva la fede leninista di credere che il partito dovesse decidere tutto.

LA QUESTIONE è stata risolta perché il partito non c’è più e in sua vece ci sono feudi di vario tipo, che si fanno la guerra per affermarsi l’uno sull’altro.

Beati i tempi quando c’era la Dc e il presidente del consiglio e il segretario del partito avevano potere fino a quando erano al potere, beati i tempi in cui Craxi era il padrone assoluto sia del governo che del suo partito, beati i tempi in cui Berlinguer era il capo del partito e non si sognava di diventare anche presidente del consiglio, considerandolo un altro mestiere. Oggi la Babele è totale e quel che si capisce è che il più tenace avversario di Letta è Renzi, che gli vuole prendere il posto. Nel caso in cui non sia così allora vuol dire che Renzi fa di tutto per far credere che lo sia.

E’ una situazione classica della sinistra dove accanto al più asfissiante assemblearismo emerge il più esasperato individualismo, vedi culto della personalità, quasi ci sia un’atavica incapacità di trovare una misura mediana.

Viene in mente la staffetta che travolse un sia pur risicato (25 mila voti più del centrodestra) successo elettorale della sinistra nel 2006, rovinato dalla smania di D’Alema di prendere il posto a Prodi, che era il premier. Successe che Prodi inciampò in una prima crisi dopo una decina di mesi e poi dovette abbandonare definitivamente lasciando il posto a D’Alema che subentrò e fece male, perché D’Alema, come altri politici di razza e anche come Berlusconi, è più bravo a fare politica che a governare. Così i due governi D’Alema abbero breve vita e scarsi risultati. Qualcosa mi dice che finirebbe così anche con Renzi, che lui è più bravo a incantare che a fare. E che al contrario Letta è più metodico e più adatto a fare che a dire. Potrei sbagliarmi, sia chiaro, ma penso che la soluzione migliore sarebbe quella di non cambiare e che Letta sta bene dov’è.