Il professor Monti per motivi personali o di opportunità può provare insofferenza per Silvio Berlusconi ma è difficile possa permettersi un analogo sentimento di avversione per quel 20 per cento di elettori che si dicono — uno in più o uno in meno non è di questo che stiamo parlando — disposti a rivotare il Cavaliere.
Voglio dire che alla fine, dopo il voto, decideranno i numeri non le simpatie o le antipatie personali.
Questa è la premessa per introdurre quanto sta accadendo in Italia. Sta succedendo infatti che Berlusconi è diventato il “Signor però”, perché sempre più spesso, non dico alle tribune politiche ma al bar, in treno, al mercato, si sente dire di lui: «Però chi l’avrebbe detto che sarebbe stato capace di una rimonta così». «Sì, è tornato a galla però non ce la farà a vincere Bersani». «Può darsi, però il Pd scende e il Pdl sale ed è vero che c’è troppa distanza però non è detto». Quel che voglio dire è che nei sondaggi il Pd resta il partito più votato, “però” non è più fantascienza pensare che possa esserci una volata finale e magari il sorpasso. Non sarebbe la prima volta.

Perché, è vero che non c’è più la democrazia cristiana ma, non dimentichiamolo, questo è un paese di democristiani nati, l’unica etnia che unisce l’Italia, l’unica che sopravvive a tutte le repubbliche, la prima, la seconda, la terza, la centesima. Siamo fatti così, un po’ come i francesi, cuore a sinistra e portafoglio a destra, e prima di fare la “x” sulla scheda l’unica domanda che si pongono in tanti è: chi mi conviene di più. Anche se, potete giurarci, tanti di quelli che voteranno Berlusconi nemmeno sotto tortura ammetterebbero di aver votato il Cavaliere. Come una volta quando dicevano: “Io democristiano? Mai stato”. Poi andavano a votare e votavano Dc. Uguali. Per questo dico che sarà una partita a due, perché alla fine l’argomento sarà uno solo: chi mi fa pagare meno tasse? E da questa domanda Monti è tagliato fuori, perché lui si sa già da che parte sta.

Ma anche se il Professore non sembra destinato a un successone, sarebbe un grave errore sottovalutarlo. Perché, come accadeva nella Prima Repubblica, un partitino o un partitello può sempre diventare l’ago della bilancia, il famoso ago leggerissimo ma capace di spostare in alto o in basso o uno o l’altro dei due piatti. Un’arte in cui eccelleva il grande leader repubblicano Giovanni Spadolini o meglio ancora Craxi, che di questa posizione aveva fatto un’ideologia, cocciutamente ferma nel pretendere pari opportunità dai due partitoni, il Pci e la Dc.
Sono cambiati i tempi ma non le regole e dopo il voto anche Monti, che sarà il terzo incomodo, potrà valutare la situazione in base alle convenienze e al miglior risultato. E solo dopo il voto vedremo se confermerà la sua simpatia per il Pd oppure no, perché, come ben sapete in politica i tradimenti capitano e uno alla fine va con chi gli conviene di più. Non c’è da farne una tragedia.