Che la ferita del terrorismo è ancora aperta me ne sono accorto con l’agguato al manager di Genova. In modo istintivo ho chiesto di avere il massimo dello scrupolo nel titolare la notizia, memore di quei titoli diventati un’infamia che chiamarono mostro un innocente. La paura di sbagliare le parole appropriate è una di quelle che ci ha lasciato il terrorismo, che poi è paura di essere trascinati nel gioco sporco. C’è una poesia del reporter Ryszard Kapuscinski che descrive la fatica di cercare la parola giusta: «Trovare una parola pura/ che non abbia denigrato/ non abbia denunciato/ non abbia preso parte alla caccia alle streghe/ non abbia detto che il nero è bianco».

Ieri mattina ho partecipato a un incontro tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e una delegazione dell’Osservatorio giovani editori, di cui riferiamo a parte. E Napolitano in un contesto in cui si parlava di quel conflitto, o forse è solo turbolenta coesistenza, tra la carta e la Rete ha segnalato due libri scritti da giovani in cui si parla di terrorismo, alle cui vittime è dedicata questa giornata. I due libri sono «Sedie vuote», colloqui con chi soffre ancora oggi i lutti provocati dall’eversione in Italia, e «Ad onore del vero», dialoghi con Francesca Dendena, Licia Pinelli e Gemma Calabresi, le tre donne simbolo di piazza Fontana, che il Presidente ricevette il 9 maggio 2009. Due libri nati in qualche modo dall’abbraccio tra queste tre donne.

L’altro ieri abbiamo pensato che tutto potesse ricominciare da capo, Genova, l’Ansaldo, un uomo che esce di casa la mattina, gli spari. Quanti ne abbiamo visti negli Anni di Piombo. Abbiano conosciuto ogni tipo di terrorismo, i nostri figli sono rimasti atterriti dalle nuvole bianche che avvolsero le Torri Gemelle. Ma quel che suscita la repulsione è il pensare alle nostre stragi impunite, alle morti senza colpevoli, a quella di Pinelli, al processo per la bomba di piazza della Loggia a Brescia. Quella catena di dolore che cominciò nel ’69 e arrivò al delitto Moro. Penso ai giovani di oggi che si sono assunti il compito di ricordare e completare quelle verità dimezzate. Penso alla generazione che allora aveva vent’anni e fu stordita dalle esplosioni delle bombe e dai colpi delle P38, che annichilirono, confusero, disorientarono, paralizzarono. Una generazione che oggi ha i capelli bianchi.