Il nemico è fra loro

È più grave rivolta araba che si ricordi da diversi decenni, non è paragonabile alla cosiddetta primavera, che fu costellata di ribellioni interne ai vari Stati e salutata con eccessivo ottimismo come segno di rinnovamento. Il nemico era il rais di turno, si chiamasse Mubarak o Gheddafi, era un regolamento di conti in famiglia. Questa […]

È più grave rivolta araba che si ricordi da diversi decenni, non è paragonabile alla cosiddetta primavera, che fu costellata di ribellioni interne ai vari Stati e salutata con eccessivo ottimismo come segno di rinnovamento. Il nemico era il rais di turno, si chiamasse Mubarak o Gheddafi, era un regolamento di conti in famiglia. Questa rivolta non è paragonabile all’11 settembre, che fu un’azione terroristica, nata, voluta e preparata all’interno di una cerchia ristretta, sebbene salutata con giubilo dalle piazze musulmane. Con la primavera sembrava chiusa una fase della storia araba e invece queste rivolte, questi morti che siamo tornati a contare ci riportano alla sconsolante sensazione di essere di nuovo daccapo, in un gioco che non finisce mai, che è sempre uguale e che riporta ogni volta al punto di partenza. In un mondo visto in un modo troppo semplice e banale, dipinto solo di due colori, il bianco e il nero, dove il bianco è tutto ciò che ha a che fare con l’Islam e il nero è l’Occidente, l’America e magari l’Europa, come dimostrano gli assalti alle ambasciate di Germania e Gran Bretagna. Un gioco dove i buoni sono loro e noi i demoni. Quelli che enfatizzano lo chiamano scontro di civiltà ma non è così.

La domanda fondamentale è: perché? Perché quelle folle hanno bisogno di vedere nell’America il nemico? Domanda tanto più giustificata poiché è certo che presi uno ad uno quelli che lanciano pietre e si arrampicano sulle ambasciate, che bruciano la bandiera americana impazzirebbero di gioia se potessero mettere le mani su un visto per andare a vivere negli Usa. E’ il gioco dei doppi sensi, degli inganni, il gioco dei significati che appartiene al paesaggio sahariano, al sole che abbaglia, alla zona d’ombra, alla verità celata. Si sono inventati come pretesto un orribile filmetto, che non ha visto nessuno e che insulta Maometto, e l’hanno indicato a giustificazione della furia devastatrice. Ma chi può credere ad una storiella del genere? Non vale nemmeno la pena di tirar fuori la lezioncina sul valore della tolleranza su cui si basano le democrazie. E allora che cosa ha scatenato simile furia? La verità è che le folle scatenate sono come sempre manovrate dal potere, da un potere che si fonda sull’ignoranza e la povertà, che non aiuta a migliorarsi, che non risponde ai bisogni, che alimenta la frustrazione e si rafforza inventando nemici. Ed è vero sì che l’Occidente è stato bravo a collezionare errori imperdonabili con il mondo arabo, vedi la guerra a Gheddafi, ma il vero nemico non siamo noi. E finché non l’avranno capito, nulla di buono dovremo aspettarci.

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