Il caso Renzi

Roma, 16 settembre 2012 – Regola d’oro. Mai sottovalutare l’avversario, nemmeno se è del tuo partito, nemmeno se si chiama Matteo Renzi. Vale la pena ricordare questo consiglio perché mi è capitato di cogliere uno dire con sarcasmo: «T’immagini Matteo Renzi che si propone come presidente del Consiglio!». Mi sono allora ricordato quando ghignavano di […]

Roma, 16 settembre 2012 – Regola d’oro. Mai sottovalutare l’avversario, nemmeno se è del tuo partito, nemmeno se si chiama Matteo Renzi. Vale la pena ricordare questo consiglio perché mi è capitato di cogliere uno dire con sarcasmo: «T’immagini Matteo Renzi che si propone come presidente del Consiglio!». Mi sono allora ricordato quando ghignavano di Berlusconi e i giornali mandavano i critici televisivi alle conferenze stampa di Sua Emittenza che si era candidato alle elezioni e gli sciocchini nelle redazioni ridevano: «È pazzo, si è messo in testa di fare il capo del governo!».

Faccio il parallelo tra i due non perché il primo abbia dato scandalo nel chiedere i voti dei berlusconiani delusi. Ma, a proposito, dov’è lo scandalo? C’è forse un partito o un candidato vincitore che non abbia preso i voti a quello che ha perduto? Oppure significa che il Pd dovrebbe rifiutare i voti dell’elettorato di centrodestra che avesse deciso di cambiare bandiera, come se quei voti comportassero problemi olfattivi? È questa la ragione dello scandalo? Ce lo dicano perché sarebbe una posizione originale, che meriterebbe di essere studiata.

No, faccio il parallelo perché mi sto accorgendo, tutti ci stiamo accorgendo che con il passare dei giorni monta il caso Renzi, il ‘ragazzo’ venuto da Pontassieve, che non hanno preso sul serio a Firenze ma a Bologna, Milano e nel resto d’Italia sì e molto.

Può darsi che visto da lontano Renzi risulti più convincente e credibile che da vicino, resta il fatto che la partita tra lui e Bersani alla fine si ridurrà solo a una scelta, quella tra l’uomo della continuità e l’uomo del cambiamento. Perché possiamo dire quel che vogliamo, ma i ragionamenti degli elettori, anche quelli delle primarie, sono più semplici e lineari e sintetici di quelli dei politologi e Bersani rappresenterà il candidato che vuole continuare a percorrere una strada già tracciata dalla storia della sinistra e Renzi invece nessuno sa dove porterà.

Ma è proprio questa incognita del nuovo, del non sperimentato, che costituisce il suo argomento forte. Perché in periodi difficili, dove tutto è complicato e tutto deve essere ragionevole e misurato, proprio in questi periodi c’è bisogno di evasione, di sperimentazione, di cambiamento.

Se Renzi ce la farà e non è affatto detto, perché il partito è ancora forte e gli apparati gli sono contro, se ce la farà, dicevo, poi per lui la strada sarà tutta più facile. Voglio dire che per lui si aprono due possibilità, quella di uscire sconfitto dalla primarie e allora sarà lui il rottamato, a meno che non cambi giubba, oppure quella di risultare vincitore e allora il voto delle politiche per lui sarà più facile di quello delle primarie, perché sì, con lui, potrebbe davvero verificarsi il caso che una parte di elettorato di centrodestra scontento di Berlusconi, e che non voterebbe mai Bersani, potrebbe essere disposto a votare Renzi con il risultato di portare un gran vantaggio alla sinistra. Andrà così? Penso di no, perché quasi tutta la sinistra è impegnata a farlo perdere. E non c’è nessuno bravo come la sinistra a perdere quando potrebbe vincere.