I panettoni di Letta

Può interessare fino ad un certo punto la soddisfazione di Letta nel mangiare il panettone a Natale, accompagnata dall’ardente desiderio di fare il bis nel 2014. Il problema non è quanti panettoni mangerà ma come saranno e sarà la loro qualità a deciderne la quantità. Quello di quest’anno, onestamente, sa di poco. Sono passati otto […]

Può interessare fino ad un certo punto la soddisfazione di Letta nel mangiare il panettone a Natale, accompagnata dall’ardente desiderio di fare il bis nel 2014. Il problema non è quanti panettoni mangerà ma come saranno e sarà la loro qualità a deciderne la quantità. Quello di quest’anno, onestamente, sa di poco. Sono passati otto mesi dalla nascita dell’attuale governo, anche se nel frattempo sono mutate le condizioni di contorno e il tipo di maggioranza, ma il governo è comunque quello e la sensazione è che il meglio sia già stato dato. Nel senso che in questo tempo e nonostante gli incidenti e le difficoltà Letta ha goduto di un sostegno di cui è difficile possa disporre in futuro, a prescindere dalla fedeltà che saprà dargli il partito di Alfano.

Si ha l’impressione che nonostante l’impegno profuso dal presidente del consiglio, il governo Letta sia rimasto solo il governo del presidente, il governo che c’è perché protetto dal Quirinale, il governo che esiste perché la capacità che ha espresso è il risultato non tanto di un lavoro politico quanto l’effetto della determinazione del Capo dello Stato a tenerlo in vita, perché vari alcune riforme, prima di tutto quella elettorale, riforma che però ancora non c’è.

Se un “governo di scopo” deve essere viene naturale chiederci quale sia al momento lo scopo che ne giustifichi l’esistenza ed è fin troppo facile capire l’insoddisfazione, anzi di più, la forte critica espressa dal leader degli industriali Squinzi che ha definito inutile la legge di stabilità e comprensibile la rabbia dei forconi. In otto mesi qual’è l’azione di governo che possa essere indicata come il fiore all’occhiello di Letta? Le leggi sulla casa, l’Imu e gli altri mille acronomi con i quali viene definita, quella sequela di bollettini che variano più delle notizie meteorogiche e che ci indicano quanto dovremmo pagare di tasse? Potremmo fare un piccola indagine tra i commercialisti, gente abituata ad aggirarsi nei meandri delle norme anche per raggirarle o per difendersi da esse, per accertarsi quanto abbiano capito delle nuove regole. Zero. Non si chiede di essere decisionisti ad ogni costo ma nemmeno così incerti com’è oggi il governo. Che garanzie potrebbe dare un governo così che ha ben altri problemi e riforme da affrontare e che per la sola legge sulla casa ha impiegato otto mesi allo scopo di trovare un modo di farci pagare di meno e poi alla fine è arrivato a farci pagare di più? Se è questo il governo di scopo farebbe bene a chiedersi a che scopo governi. E a chiedersi se intenda continuare a governare così.

C’è una gran voglia di cambiare i vecchi leader e in questo clima si chieda la sua ragion d’essere anche quel leader giovane che si comporta da vecchio, da troppo saggio, da troppo prudende. C’è voglia di cambiare, di rompere con il passato e l’esistente. Letta dimostri di avere coraggio, perché la domanda di cambiamento è la merce più richiesta in questa crisi dei consumi ma il governo non ha ancora tagliato né spese né sprechi né burocrazia né province né camere né regole elettorali. Letta ha la forza di fare queste cose? Se ce l’ha siamo in attesa ce la dimostri.

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