Governo politico guidato da Monti

PROVIAMO a riepilogare perché evidentemente il messaggio non è stato recepito. Viviamo in un paese in cui nell’ultimo anno hanno chiuso 100 mila aziende, i disoccupati sono aumentati del 12 per cento, ora sono oltre 3 milioni, i redditi sono tornati indietro di 27 anni, due terzi delle famiglie non ce la fanno ad arrivare […]

PROVIAMO a riepilogare perché evidentemente il messaggio non è stato recepito. Viviamo in un paese in cui nell’ultimo anno hanno chiuso 100 mila aziende, i disoccupati sono aumentati del 12 per cento, ora sono oltre 3 milioni, i redditi sono tornati indietro di 27 anni, due terzi delle famiglie non ce la fanno ad arrivare a fine mese.

Questo è il quadro, e loro, come dice Grillo, cincischiano. Danno l’impressione, anzi è più di un’impressione, di essersi impigriti in questo anno di assenza, nel quale si sono fatti sostituire, senza peraltro raggiungere risultati né confortevoli né confortanti per gli italiani, da un governo di tecnici. E mentre sta inabissandosi il Paese, di che cosa stanno a discutere loro? Vi leggo le ultime notizie: nel caso si torni alle urne a giugno i leader del Pd sarà Bersani, se invece voteremo a ottobre sarà Renzi. Credo non serva rilevare l’inadeguatezza, il baratro anzi che c’è tra la gravità della situazione e il livello di percezione e di impegno da parte politica. Eppure c’è un solo modo per uscirne.

TROVARE una risposta politica. Non di altro genere, perché non c’è nessuna alternativa alla politica e abbiamo ben capito che non è un’alternativa il governo tecnico (piacerà ai tedeschi, meno agli italiani) che abbiamo già sperimentato. E abbiamo ben capito che non è da sperimentare e non è un’alternativa Grillo (i grillini sono altra cosa da lui, sono italiani giustamente esasperati), che predica metodi autoritari e ambigui, non compatibili con la democrazia. Dopo di che D’Alema si augura che venga superara la jattura del complesso da inciucio. Meglio tardi che mai e facciamo finta di dimenticarci che quella parola l’ha inventata proprio lui (parlò di inciucione), in un’intervista a La Repubblica il 28 ottobre 1995. Così si è gridato all’inciucio per vent’anni e ora finalmente si è capito che cercare un accordo tra le grandi forze politiche popolari, un accordo che sia all’altezza di una gravità senza precedenti, che ci sta portando verso una deriva greca — vedi l’ultimo declassamento dell’Italia da parte dell’agenzia Fitch — non sarebbe una pastetta ma l’unica scelta responsabile e credibile.

MA BISOGNA fare presto, mai come ora dovrebbe essere ripetuto quel grido di allarme che venne lanciato alla vigila del varo del governo Monti: «Fate presto!». I tempi della ripresa si allungano e che basti il pilota automatico per non inabissarsi c’è da dubitare. I balletti della sterile ritualità del Palazzo magari per salvare la faccia al vincitore perdente sarebbero tempo sprecato. L’importante è che si vada a formare un governo con ministri espressi dai partiti, chi poi dovesse guidarlo, foss’anche il premier uscente per le simpatie che lo sostengono a livello internazionale, poco importa, perché la discontinuità sarebbe assicurata dalla sua sostanza politica. Se non piace la parola governissimo, chiamiamolo in un altro modo, quel che conta è che sia un governo vero, capace di far ripartire il Paese. Non è più tempo di veti e pregiudizi ma di dialogo e di unità nazionale.