Giornali e 25 aprile

È FALSA la favola che mai come ora l’informazione è stata tanto libera. Vedi i grandi comunicatori che parlano sul web senza bisogno di giornalisti che facciano da intermediari. E’ grazie a questa ingannevole convinzione, che ha cancellato il ruolo dell’interpretazione e della critica, che si sono formati i cosiddetti movimenti populisti come quello di […]

È FALSA la favola che mai come ora l’informazione è stata tanto libera. Vedi i grandi comunicatori che parlano sul web senza bisogno di giornalisti che facciano da intermediari. E’ grazie a questa ingannevole convinzione, che ha cancellato il ruolo dell’interpretazione e della critica, che si sono formati i cosiddetti movimenti populisti come quello di Grillo. Ed è su questi metodi che poggiano ambizioni e presunzioni delle nuove leve della politica. Mai avrei immaginato di parlare di emergenza nella libertà di stampa in un giorno significativo come questo. Un giorno che ricorda l’Italia quando espresse le sue speranze del dopoguerra proprio con il proliferare di giornali, che furono espressione delle nuove idee e della ritrovata democrazia. Sto parlando del ruolo che i giornali hanno avuto e hanno nella vita civile del paese. Altro che mezzi desueti. La campagna contro giornali e giornalisti, che c’è e dura da anni, ha obiettivi precisi perché fare politica senza i giornali è molto più comodo non essendoci quel pungolo che è condizione imprescindibile per avere buoni governi. Queste considerazioni meriterebbero più attenzione da parte di chi sull’editoria ha responsabilità di governo.

E PAZIENZA se questo franco parlarsi comporta la fine della luna di miele, inevitabile infatuazione dopo una serie insopportabile di delusioni, che aveva creato condizioni di eccessiva disponibilità anche in chi esercita ruoli di critica come la stampa.

C’è un eccesso di presunzione in chi nel governo ha parlato di sfida ai giornali per spingerli a innovarsi. Il sottosegretario all’editoria Lotti ha detto che quella che «il governo lancia ai giornali e a tutte le imprese editoriali è la sfida dell’innovazione piuttosto che quella dell’assistenza». Evidentemente conosce poco i giornali e siamo lieti di invitarlo nel nostro, per mostragli una moderna redazione. Abbiamo cominciato ad innovarci quando lui aveva ancora i pantaloni corti e lo abbiamo fatto ancora di più negli ultimi anni, essendo stati tra i primi a fare web. E allora? Allora prima di parlare e prima di fare è sempre consigliabile un uso oculato delle decisioni e delle parole per evitare errori e guasti ad un sistema che non chiede nulla di più che stare sul mercato con tutti gli strumenti che il mercato può offrirgli e che invece gli viene negato per non rottamare centri di potere anche di piccolo cabotaggio. Nuovi a parole, vecchi nei fatti.

E UN’ ISTINTIVA tendenza a sfuggire i giudizi, che è parola antipatica per chi pensa che sia meglio farsi l’informazione da sé. Su misura e, appunto, senza ci sia il giornalista che giudica. Questo è il nostro 25 aprile. Per difendere una stampa sana e indipendente contro chi la vorrebbe debole e asservita.

Un’ ultima cosa. Evitiamo i giochi delle tre carte. Da Palazzo Chigi è annunciato un fondo triennale di 120 milioni di euro. Il governo ha già escluso i giornali dalla pubblicazione della cosiddetta pubblicità legale, bandi di concorso e simili, argomento intorno al quale la nebbia e la scarsa pubblicizzazione serve a coprire gli imbrogli. Facciamo il conto: 120 milioni il governo li dà, 120 se li è già portati via. Risultato del suo impegno per la stampa: zero.